In tanti paesi del mondo l’omosessualità è sanzionata penalmente, a volte anche con la condanna a morte, e le persone LGBT che arrivano nel nostro paese possono ottenere asilo dimostrando di essere perseguitate nel proprio paese di origine.

L’orientamento sessuale e l’identità di genere, infatti, rappresentano una caratteristica fondamentale della persona al pari delle altre condizioni sulla base delle quali si fonda la definizione dello status di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra: razza, nazionalità, religione, opinioni politiche, appartenenza a un determinato gruppo sociale.

In questi mesi i nostri volontari stanno seguendo in tante città italiane decine di casi di richiedenti asilo LGBT, sia per la preparazione all’audizione in Commissione territoriale per lo status di rifugiato, sia per il ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento di diniego. Alle storie di questi richiedenti, alle loro possibilità di accesso alla procedura, all’evoluzione della giurisprudenza e alla risposta dei servizi di accoglienza e integrazione, verrà dedicato un approfondimento del nostro progetto “Una strada diversa”, che intende indagare sul fenomeno che sembra legare con forza l’orientamento sessuale e l’identità di genere con il rischio di finire in strada.

L’obiettivo del progetto, sostenuto dalla Chiesa Valdese grazie ai fondi dell’8×1000, è la tutela dei diritti e del benessere psicofisico delle persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali che vivono in condizioni di marginalità e povertà estrema, favorendo lo sviluppo di una rete tra le diverse realtà che si occupano di emarginazione sociale e tematiche LGBT e mettendo a disposizione un team di avvocati, educatori e operatori volontari per garantire adeguata risposta ai bisogni dei soggetti in difficoltà e adeguata tutela contro le discriminazioni multiple a causa dell’orientamento sessuale e della condizione di senza dimora

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