patrocinio a spese dello stato

Tutti dovrebbero aver diritto ad un avvocato, cioè a una difesa di un professionista per far valere i propri diritti nelle aule dei tribunali. Non tutti però hanno i mezzi economici per poterne pagare uno. La nostra Costituzione all’art. 24 ricorda che “sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione”.
Ecco che nasce il Patrocinio a spese dello Stato, anche detto “gratuito patrocinio”. L’obiettivo è quello di consentire a soggetti economicamente deboli di farsi assistere da un avvocato e, all’occorrenza, da un consulente tecnico, senza sostenere i costi relativi allo svolgimento delle attività svolte dai predetti professionisti, pagati dallo Stato. È possibile richiederlo per i processi penali, civili, amministrativi, tributari e contabili.

Chi ne ha diritto?

1) REQUISITO DI REDDITO

Può richiedere il gratuito patrocinio chi è titolare di un reddito annuo imponibile, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore a € 12.838,01.

Se chi ha richiesto il gratuito patrocinio convive con il coniuge o con altri familiari, invece, il reddito da prendere in considerazione è costituito dalla somma dei redditi, ottenuti nello stesso periodo, di ciascun componente della famiglia.

In questo caso, però, solo per il processo penale, i limiti di reddito sopra elencati sono aumentati di €1.032,91 per ognuno dei familiari conviventi, cioè:

  • le persone conviventi che compongono la famiglia anagrafica, con o senza vincolo di sangue;
  • il coniuge o il convivente, cioè chi ha un legame stabile con chi richiede il patrocinio.

In caso di cause riguardanti diritti della personalità o per conflitti con altri conviventi si torna a considerare il solo reddito personale.
Per ulteriori dettagli consulta la voce qui in alto: “quali redditi si considerano nel calcolo della somma?”.

2) STATUS

Possono richiedere il patrocinio:

– tutti i cittadini italiani;

per il processo penale,

  • Tutte le persone straniere, anche irregolari;
  • Gli apolidi che siano residenti in Italia;

per tutti gli altri processi, le persone straniere regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale al momento in cui accade il fatto o nasce il rapporto contrattuale che saranno l’oggetto del processo;

– enti o associazioni che non perseguano fini di lucro e non esercitino attività economica, solo per i processi diversi da quello penale.

3) POSIZIONE PROCESSUALE
Possono chiedere il gratuito patrocinio:

  1. a) nei giudizi penali: indagati, imputati, condannati, persone offese dal reato, danneggiati che intendano costituirsi parte civile, responsabili civili e civilmente obbligati per la pena pecuniaria;
    b) negli altri giudizi: chi è parte nel processo o chi vuole rivolgersi ad un giudice, sempre che non siano già stati condannati nel precedente grado del giudizio (nel quale erano stati ammessi al patrocinio a spese dello Stato), salvo l’azione di risarcimento del danno nel processo penale.

Sono inclusi sempre, senza cioè limiti di reddito:

  1. La persona offesa (cioè la presunta vittima) per i reati di:
    a. Maltrattamentiin famiglia (art. 572 c.p.), pratiche di mutilazionedegli organi genitali femminili (583-bis) e reati di violenza sessuale (609-bis, 609-quater, 609-octies) o 612-bis (atti persecutori).
    b. Se la vittima è un minorenne: riduzione in schiavitù (art. 600), prostituzione e pornografia minorile (600-bis e 600-ter), le iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile (600-quinquies), altri reati connessi alla tratta e schiavitù (Artt. 601-602), oltre a corruzione o adescamento di minorenne (Art. 609-quinquies e 609-undecies).2. Minori stranieri non accompagnati coinvolti, a qualsiasi titolo, in un procedimento giurisdizionale: questi hanno diritto d’essere informati (anche dal tutore nominato o chi ne ha la responsabilità genitoriale) della possibilità di nominare un avvocato di fiducia.
  2. Figli minorenni o maggiorenni economicamente non autosufficienti rimasti orfani di un genitore a causa del suo omicidio commesso dal coniuge, partner di unione civile, o stabile convivente (anche in caso di separazione, divorzio, scioglimento unione civile…): l’assistenza a spese dello stato riguarda solo il procedimento penale che riguarda tale questione e i procedimenti civili connessi.

È invece escluso dal patrocinio a spese dello Stato:
1) Chi è indagato, imputato o condannato per reati di evasione fiscale o per i condannati con sentenza definitiva per i reati di associazione mafiosa, e connessi al traffico di tabacchi e agli stupefacenti nei giudizi penali;
2) Chi è difeso da più avvocati nei giudizi penali;
3) Chi sostiene ragioni manifestamente infondate (nei processi diversi da quelli penali) e chi è parte in causa per cessione di crediti e ragioni altrui, quando la cessione non sia in pagamento di crediti preesistenti, negli altri giudizi;
4) C’è una presunzione per chi è stato condannato per reati di mafia e sottoposto al regime del 41 bis: la Cassazione ha recentemente ribadito che il mafioso deve provare in concreto di non superare i limiti di reddito (perché appunto si presuppone che l’attività mafiosa garantisca ricchi profitti) e che non è sufficiente un’autodichiarazione (sentenza n. 29469/2020).

Come si richiede?

Per richiedere il gratuito patrocinio bisogna ritirare o scaricare l’apposito modulo nelle segreterie o nel sito internet del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati del luogo in cui si sta svolgendo o si svolgerà il processo.

Il modulo contiene:

  • la richiesta del gratuito patrocinio e l’indicazione del processo per cui si richiede;
  • le generalità di chi richiede il patrocinio e delle persone che compongono la sua famiglia anagrafica;
  • una dichiarazione sostitutiva che attesta il proprio reddito;
  • la dichiarazione dell’impegno a comunicare, fino alla fine del processo, eventuali cambiamenti del reddito che si sono verificati durante l’anno precedente;
  • indicazione della data della prossima udienza, dei dati della controparte, delle ragioni per cui si ritiene di aver ragione, le prove (per evitare che la propria domanda venga ritenuta infondata);

Se è richiesto, infine, bisogna consegnare i documenti necessari per attestare la verità di quello che è stato dichiarato nel modulo.

Sono necessarie due copie del modulo: una per l’Ordine degli Avvocati e una per l’Agenzia delle Entrate (in modo che possa procedere ad eventuali verifiche);

Il difensore deve essere scelto tra quelli iscritti negli elenchi degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato, che possono essere consultati nel sito internet del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati del luogo in cui si svolge il processo. Se al momento della domanda non è ancora stato scelto un difensore, questo si può nominare anche più tardi. L’ammissione al patrocinio, infatti, può essere chiesta in ogni fase del giudizio, quindi può essere presentata all’inizio, ma anche durante lo svolgimento del processo.

Dopo aver compilato il modulo che contiene la richiesta, questo deve essere firmato dall’interessato e dal difensore, se è già stato nominato. Se non è ancora stato scelto un avvocato, il modulo va firmato dall’interessato e dal funzionario che riceve la domanda.

Successivamente, bisogna presentare il modulo di persona o tramite avvocato o inviarlo a mezzo raccomandata con allegata copia di un documento di identità valido:

  • se si tratta di un giudizio penale, all’ufficio del magistrato davanti al quale si svolge il processo; se chi chiede il patrocinio si trova in stato di detenzione domiciliare o in luogo di cura, all’ufficiale di polizia giudiziaria;
  • se si tratta di un giudizio civile o amministrativo, alla segreteria del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati del luogo in cui si svolge il processo. Se il Consiglio dell’Ordine respinge la richiesta, si può proporre di nuovo domanda al magistrato davanti al quale si svolge il processo.
  • se chi chiede il patrocinio è detenuto, al direttore del carcere.

Il richiedente deve munirsi dei seguenti documenti:
◦ certificato cumulativo di stato di famiglia e residenza (da fare presso l’ufficio anagrafe del Comune di residenza);
◦ copia del tesserino del codice fiscale (o tessera sanitaria se risulta il codice fiscale);
◦ copia di un documento di identità (carta d’identità, patente di guida) e permesso di soggiorno in caso di stranieri;
◦ copia dell’ultima dichiarazione dei redditi (CUD, ecc.);
◦ documenti e prove a sostegno della propria domanda. Se si tratta di procedimenti già pendenti, impugnazioni, reclami o costituzioni in giudizio, copia degli atti di causa, delle pronunce e provvedimenti resi, e numero di ruolo;

In mancanza di dichiarazione dei redditi per assenza di reddito nell’anno precedente, occorre presentare un’autodichiarazione dell’interessato attestante il reddito (o l’assenza di reddito) con riferimento all’anno precedente.

I cittadini italiani possono autocertificare l’esistenza dei requisiti di legge, mentre i cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea devono allegare una certificazione del consolato del Paese d’origine che confermi la veridicità del reddito dichiarato, salvo il ricorso all’autocertificazione qualora si provi l’impossibilità di documentarlo (se ne parla più in dettaglio nella sezione approfondimenti).

I cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea sottoposti a provvedimenti restrittivi della libertà personale possono produrre la certificazione consolare entro il termine di 20 giorni, anche tramite il difensore o un familiare.
Nel caso di richiedenti asilo e apolidi, esiste una buona prassi secondo cui basta produrre copia della mail in cui si chiede ai consolati di attestare la veridicità delle condizioni economiche.

In ogni caso, i moduli da compilare per la richiesta e i documenti da allegare possono variare in base al luogo di riferimento, quindi si consiglia di consultare il sito del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati presso cui si vuole richiedere il gratuito patrocinio.

Successivamente alla presentazione della domanda, il Giudice o il Consiglio dell’Ordine possono chiedere di provare la verità delle dichiarazioni con documenti scritti o, nel caso di impossibilità, con ulteriore autocertificazione.

Il magistrato o il Consiglio dell’Ordine, nei 10 giorni successivi, decidono sulla richiesta.

Se la richiesta viene accolta, le spese dovute all’avvocato saranno pagate dallo Stato, che verserà non solo quanto dovuto al difensore ma, nel caso in cui siano presenti, anche al consulente tecnico e al mediatore (se la persona è straniera).

Lo Stato pagherà le spese:

  • dal momento in cui è stata presentata la domanda, oppure
  • dal primo atto in cui è intervenuto il difensore, se l’interessato ha dichiarato di voler presentare la richiesta e questa è presentata entro i 20 giorni successivi.

Sono escluse, quindi, le spese che, eventualmente, la parte sarà condannata a pagare alla parte vittoriosa del processo.

Se, invece, la richiesta di ammissione al gratuito patrocinio viene rifiutata, si può proporre un ricorso, cioè una domanda fatta all’autorità per ottenere l’annullamento della decisione, entro 20 giorni.

Il ricorso deve essere presentato:

  • davanti al presidente del Tribunale, se la domanda è stata fatta per un giudizio di primo grado;
  • al presidente della Corte d’Appello del luogo in cui si trova il magistrato che ha deciso il rifiuto, se la domanda è stata fatta per un giudizio di impugnazione.

Il magistrato, successivamente, può escludere l’ammissione al patrocinio:

  • se non vengono comunicati gli eventuali cambiamenti del proprio reddito;
  • se le variazioni del reddito non permettono più di essere ammessi al patrocinio;
  • se viene verificato che non ci sono mai state le condizioni per poter servirsi del patrocinio.

Se si viene ammessi al patrocinio a spese dello Stato, tutte le spese vengono pagate dallo Stato e, quindi, non si deve pagare né l’avvocato, né il consulente tecnico. Inoltre, a seguito della sentenza n. 254 del 2007 della Corte Costituzionale lo straniero che non conosce la lingua italiana ed è ammesso al patrocinio a spese dello Stato può nominare un proprio interprete.

Bisogna sottolineare che le dichiarazioni delle persone ammesse al patrocinio gratuito possono essere oggetto di controlli anche da parte della Guardia di Finanza, quindi è importante non dichiarare il falso: dichiarazioni false o omissive e la mancata comunicazione degli aumenti di reddito sono punite con la pena della reclusione e con la multa da 309,87 a 1.549,37 euro, oltre al pagamento di tutte le somme corrisposte dallo Stato (art. 125 DPR 115/2002).

Quali redditi si considerano nel calcolo della somma?
Contano tutti i redditi imponibili ai fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) percepiti nell’anno precedente alla formulazione della domanda di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, come, ad esempio, lo stipendio, la pensione, il reddito da lavoro autonomo, ecc…

Non va confuso con l’ISEE, che è un indicatore di ricchezza patrimoniale che considera anche altri elementi (figli a carico, auto ed immobili posseduti…).
Ai sensi dell’art. 76 del D.P.R. n. 115 del 2002, inoltre, si tiene conto anche dei redditi esenti dall’Irpef, quali, in modo esemplificativo, la pensione di guerra e l’eventuale percezione di indennità d’accompagnamento ovvero assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva.

A tal proposito, peraltro, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 382 del 1995, nell’affrontare la problematica dei limiti di reddito per il patrocinio a spese dello Stato, ha precisato che “nella nozione di reddito, ai fini dell’ammissione del beneficio in questione, devono ritenersi comprese le risorse di qualsiasi natura, di cui il richiedente disponga, anche gli aiuti economici (se significativi e non saltuari) a lui prestati, in qualsiasi forma, da familiari non conviventi o da terzi, – pur non rilevando agli effetti del cumulo – potranno essere computati come redditi direttamente imputabili all’interessato, ove in concreto accertati con gli ordinari mezzi di prova, tra cui le presunzioni semplici previste dall’art. 2729 cod. civ., quali il tenore di vita ed altri fatti di emersione della percezione di redditi”.

Tale indirizzo interpretativo è stato più volte confermato anche dalla Corte di Cassazione, la quale ha stabilito che “ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, per la determinazione dei limiti di reddito rilevano anche i redditi che non sono stati assoggettati ad imposte vuoi perché non rientranti nella base imponibile, vuoi perché esenti, vuoi perché di fatto non hanno subito alcuna imposizione: ne consegue che rilevano anche i redditi da attività illecite ovvero i redditi per i quali l’imposizione fiscale è stata esclusa” (Cass. pen., sez. IV, sentenza n. 32782 del 2015; Cass. pen., sez. IV, n. 45159 del 2005; Cass. pen. sez. IV, n. 36362 del 2010; Corte Cost., sentenza n. 144 del 1992).

Analogamente, è stata considerata rilevante ai fini del limite del reddito anche una somma incassata a titolo di risarcimento del danno (v. Cass. pen., sez. III, n. 24819 del 2011).

Sempre seguendo il ragionamento secondo cui qualsiasi entrata che sia fonte di reddito viene a rilevare per il limite all’ammissibilità del patrocinio a spese dello Stato, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che anche il reddito di cittadinanza concorre come reddito (risposta all’interpello 313 del 2021).
L’art. 96 del D.P.R. n. 115 del 2002 prevede che il magistrato deve respingere l’istanza qualora vi siano fondati motivi per ritenere che l’interessato non versi nelle condizioni previste dalla legge.

A tale proposito, tuttavia, la Suprema Corte ha affermato che il giudice può ricostruire la situazione reddituale del soggetto che richiede l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato anche mediante presunzioni, ma deve individuare ogni elemento rilevante, motivando adeguatamente la propria decisione attraverso il riferimento al tenore di vita e alle condizioni personali o familiari dell’istante (cfr. Cass. pen., sez. IV, sentenza n. 32782 del 2015).

Qualora la situazione reddituale dell’istante muti, la revoca del beneficio non potrà riguardare l’attività difensiva svolta nel periodo in cui esisteva una situazione reddituale utile alla fruizione del patrocinio a spese dello Stato, ma il giudice dovrà individuare il momento in cui si è determinata la nuova situazione che determina l’esclusione dal beneficio e dovrà disporre la revoca a far data da tale momento (v. Cass. pen., sez. IV, sentenza n. 10661 del 2013).

Il divieto per l’avvocato di percepire compensi
L’avvocato difensore, scelto all’interno di una lista di procuratori che hanno dato la disponibilità a difendere persone in questo tipo di cause, può essere retribuito solo ed esclusivamente dallo Stato. L’art. 85 del D.P.R. n. 115 del 2002 si intitola “Divieto di percepire compensi o rimborsi” e prevede che il difensore, l’ausiliario del magistrato e il consulente tecnico di parte (ed in generale tutte le persone ammesse al patrocinio a spese dello stato, quindi) non possano chiedere e percepire dal proprio assistito compensi o rimborsi a qualunque titolo, diversi da quelli previsti dal decreto. La richiesta di pagamento per attività prestata prima che sia stata fatta richiesta è però legittima, a condizione che il difensore abbia adeguatamente informato il proprio assistito sulla possibilità di chiedere il beneficio e lo abbia messo nelle condizioni di presentare la relativa domanda, con o senza riserva.

Quindi, l’avvocato che abbia prestato la propria attività professionale prima del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato in favore di persona successivamente ammessa al beneficio, ha diritto – in virtù dei principi e delle norme afferenti al contratto di prestazione d’opera professionale – ad essere compensato dal cliente per l’attività svolta, poiché in questo caso la richiesta di compenso e la percezione dello stesso da parte del cliente medesimo non costituisce illecito disciplinare.

Per escludere qualsiasi forma di responsabilità disciplinare da parte dell’avvocato, comunque, è importante considerare il momento da cui iniziano a decorrere gli effetti del provvedimento di ammissione al patrocinio a Spese dello Stato. A tal proposito l’art. 109 del D.P.R. n. 115 del 2002, infatti, prevede che: “Gli effetti decorrono dalla data in cui l’istanza è stata presentata o è pervenuta all’ufficio del magistrato o dal primo atto in cui interviene il difensore, se l’interessato fa riserva di presentare l’istanza e questa è presentata entro i venti giorni successivi”. Quindi, l’avvocato può chiedere di essere retribuito solo per le prestazioni svolte prima dell’ammissione al beneficio. Ogni accordo diverso da queste regole è nullo e l’avvocato incorre in un grave illecito disciplinare professionale (art. 29 co. 8 Codice deontologico forense).

I redditi prodotti all’estero e gli adempimenti necessari
La Suprema Corte con la sentenza n. 21999 del 2009 ha stabilito che l’attestazione consolare dei redditi eventualmente prodotti all’estero prevista dall’art. 79 del d.P.R. n. 115 del 2002 per l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello stato per i cittadini extracomunitari non è requisito previsto a pena di inammissibilità.
L’art. 79, comma 2, D.P.R. cit., infatti, si limita ad asserire che “per i redditi prodotti all’estero, il cittadino di Stati non appartenenti all’Unione europea correda l’istanza con una certificazione dell’autorità consolare competente, che attesta la veridicità di quanto in essa indicato”.

Nemmeno l’art. 94, che disciplina i casi di “impossibilità a presentare la documentazione necessaria ad accertare la veridicità”, sanziona con l’inammissibilità la mancanza di tale documentazione: la norma, difatti, sanziona solo la mancanza della dichiarazione sostitutiva della certificazione consolare per i cittadini non appartenenti all’Unione Europea.

Il concetto di impossibilità, in tale contesto, quindi, può anche riferirsi in termini non assoluti, nel senso da ricomprendere i casi in cui il richiedente si sia utilmente e tempestivamente attivato per ottenere le previste certificazioni, non potendosi addebitare a lui le inadempienze o lungaggini burocratiche che riguardino uffici appartenenti a Paesi esteri.

Peraltro, di recente, il Trib. di Roma, sez. GIP, si è pronunciato con l’ordinanza del 19 novembre 2014 sulla situazione dei richiedenti protezione internazionale, specificando che il richiedente protezione può in ogni caso sostituire alla certificazione consolare una dichiarazione sostitutiva di certificazione “senza necessità per l’interessato/a di provare l’impossibilità a procurarsi la certificazione dei redditi prodotti all’estero da parte dell’autorità competente”.

A tali pronunce della giurisprudenza di merito si è aggiunta anche la Corte Costituzionale che in una sentenza n. 157/2021 ha affermato come basti una dichiarazione sostitutiva nel caso in cui il cittadino straniero non sia in grado di produrre la documentazione consolare – a causa della mancata collaborazione di quest’ultima, ad esempio – dichiarando la parziale incostituzionalità dell’articolo 79 comma 2 appena ricordato, nella parte in cui non lo prevede.

Tale principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione, con sentenza n. 29925/2023, ha dichiarato, trattando nello specifico dell’attestazione dei redditi prodotti all’estero, che essa può essere sostituita, in caso di impossibilità di produzione della stessa, da un’autocertificazione, corredata dall’istanza per ottenere la documentazione di cui all’art. 79 del d.P.R. n. 115 del 2002.

Differenze tra difensore d’ufficio e difensore a spese dello stato
Spesso capita che nel linguaggio comune si parli indifferentemente di difensore d’ufficio e di gratuito patrocinio (anche se sarebbe meglio dire difensore iscritto nelle liste del patrocinio a spese dello Stato).
Il difensore di ufficio, tuttavia, è un avvocato nominato dallo Stato che difende l’imputato non ancora provvisto di difensore di fiducia, al fine di garantire il diritto di difesa tecnica in ogni processo penale (art. 24 Cost.). Il difensore di ufficio rimane in carica fino a quando l’imputato non nomina un difensore di fiducia e deve essere retribuito direttamente dall’imputato.
Egli può essere iscritto, altresì, nelle liste per il patrocinio a spese dello Stato, ma ciò non è obbligatorio.
La figura del difensore d’ufficio, infatti, è stata istituita per rispondere al fine di consentire a chiunque di avere sempre una difesa tecnica quando viene assoggettato ad un procedimento penale.

Il difensore d’ufficio che non risulti iscritto nelle predette liste ovvero nei casi in cui vi sia iscritto ma il soggetto interessato non abbia i requisiti per chiedere di essere ammesso al patrocinio, pertanto, dovrà essere retribuito direttamente da colui a favore del quale è stata fatta la nomina d’ufficio dal giudice o dal pubblico ministero sulla base di un elenco di difensori predisposto dal consiglio dell’ordine forense, d’intesa con il presidente del tribunale.

Insomma, un difensore d’ufficio (avvocato d’ufficio) può essere solo penale e viene nominato se un imputato non ne nomina uno suo o finché non ne decide uno (per garantire di essere sempre difeso da qualcuno). L’avvocato d’ufficio può essere o non essere nelle liste del gratuito patrocinio, e se non si hanno i requisiti già ricordati va pagato direttamente dal cliente come un normale avvocato.

E per l’attività svolta fuori dal processo?
Come in precedenza anticipato, la disciplina del patrocinio a spese dello Stato ha prestato il fianco ad alcuni rilievi critici.
Un primo profilo di criticità, invero, riguarda l’attività svolta fuori dal processo.
Ai sensi dell’art. 124 del DPR n. 115 del 2002, infatti, il patrocinio a spese dello Stato è previsto solo per l’attività giudiziale, non per quella stragiudiziale. Con il termine stragiudiziale si intende, in prima approssimazione, qualsiasi attività che un avvocato faccia prima o alternativamente a una causa nelle aule dei tribunali.
La norma parla in modo ambiguo che la domanda di ammissione può essere chiesta “anche quando il processo non pende”. Quindi le spese stragiudiziali possono essere in qualche modo ricomprese? La giurisprudenza della Suprema Corte si è divisa a lungo sull’interpretazione del suddetto articolo.

Essendoci posizioni diverse, è intervenuta la Cassazione Civile a Sezioni Unite, con la sentenza n. 9529 del 2013, chiarendo che l’attività stragiudiziale preliminare all’inizio di un contenzioso processuale che poi effettivamente ha inizio ed è assistito con il gratuito patrocinio, non può avere autonomia di parcellazione e deve essere considerata parte di quello che poi verrà liquidato in sede di compensi del gratuito patrocinio. Insomma, se l’attività stragiudiziale è poi sfociata in una causa giudiziale, il compenso è solo quello a spese dello stato e liquidato con la sentenza, senza che sia dovuto altro.

Per l’effetto, l’avvocato non potrà chiederne il compenso direttamente al cliente ammesso al patrocinio gratuito: tale condotta sarebbe sanzionabile in via disciplinare in quanto consentirebbe illecita duplicazione del compenso. La stessa sentenza precisa, però, che l’attività esplicantesi fuori dal processo e non meramente propedeutica al procedimento da instaurare, può essere richiesta direttamente al cliente (v. anche Cass. civ., sez. II, sentenza n. 24723 del 2011).

Dunque, ad esempio, se l’assistito si rivolge al legale per una consulenza relativa al diritto di famiglia e una relativa al recupero di crediti derivanti da lavoro, ma poi decide di intraprendere una causa solo per recuperare i crediti da lavoro e per tale causa viene ammesso al gratuito, la consulenza relativa al diritto di famiglia dovrà essere retribuita.

Quanto alle spese per l’assistenza in mediazione, inoltre, la giurisprudenza di merito (cfr. Tribunale di Firenze sentenza del 13 gennaio 2015) ha richiamato l’orientamento della Suprema Corte per affermare:
1. Nessuna indennità è dovuta all’organismo di mediazione per i soggetti in condizione di essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato (art. 17 D.Lgs. n. 28 del 2010).
2. La mediazione è attività propedeutica al giudizio e, pertanto, può essere chiesta allo Stato.
3. In caso di esito positivo della mediazione, qualora non segua il processo, l’assistenza legale è comunque a carico dello Stato, poiché in tal modo si realizza il risultato migliore non solo per le parti, ma anche per lo Stato che non deve sostenere anche le spese del giudizio.

Infine, con l’ordinanza n. 206 del 2022, la Corte costituzionale ha dichiarato che il patrocinio a spese dello Stato è assicurato anche in relazione all’attività difensiva svolta nel corso del procedimento di mediazione obbligatoria di cui all’art. 5, comma 1 del d.lgs. n. 28 del 2010, il quale prevede quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale il procedimento di mediazione nelle azioni relative a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione, società di persone e subfornitura.

Ma sono necessari tutti questi documenti?

Uno dei profili di criticità del patrocinio a spese dello Stato concerne la molteplicità di documenti richiesti ai fini della comunicazione dei redditi. Spesso, ad esempio, accade che le persone senza fissa dimora, a causa dei loro continui spostamenti e della durezza della vita in strada, dimentichino di avere alcune proprietà (sovente di nessun valore) o conti corrente.
In tali ipotesi, dunque, vi è il rischio che le dichiarazioni delle persone ammesse al beneficio risultino false od omissive ovvero che ci si sia dimenticati di comunicare aumenti di reddito, benché non sia ravvisabile alcun intento doloso (e che insomma, la persona che ha fatto richiesta fosse in totale buona fede). Tuttavia, in questi casi, qualora non si riescano a produrre elementi idonei a proprio favore, si potrebbe essere puniti con la multa già ricordata (che può superare i 1.500€!), a cui si aggiunge il rischio di una pena della reclusione da 1 a 6 anni e 8 mesi.
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite nella sentenza n. 14723/2020 ha però affermato che in caso di dichiarazioni inesatte o omissive, si mantiene lo stesso il diritto al patrocinio a spese dello Stato se, a seguito della verifica e del ricalcolo del reddito, questo risulti ancora entro i limiti fissati ex lege. Inoltre, con una importante decisione, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 157/2021 ha dichiarato che, in caso di impossibilità a presentare la documentazione richiesta, il cittadino di Stati non appartenenti all’Unione europea può produrre una dichiarazione sostitutiva della documentazione. Per la Corte, infatti, l’eventuale inerzia o inadeguata collaborazione delle autorità consolari non può in alcun modo gravare sullo straniero che voglia accedere alla tutela giurisdizionale.

Corte di Cassazione n. 40477/2023

È legittimo il provvedimento di rigetto dell’ammissione al patrocinio da chi riporti condanna irrevocabile per un reato commesso in violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto

In tema di patrocinio a spese dello Stato è legittimo il provvedimento di rigetto dell’ammissione al beneficio richiesto da chi abbia già riportato condanna irrevocabile per un reato commesso in violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto. Provvedimento che sia fondato sulla presunzione del superamento dei limiti di reddito prevista dalla disciplina del 2022 relativamente alle condizioni di ammissione del gratuito patrocinio e sulla mancata allegazione, da parte del richiedente, di concreti elementi di fatto idonei a superarla.

(www.dejure.it)

Corte di Cassazione n. 31928/2023

Impossibilità per l’avvocato della parte ammessa di rinunciare al patrocinio a spese dello Stato

L’avvocato della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato non può rinunciare al mandato. Solo il titolare del diritto, ossia la parte assistita, infatti, può rinunciarvi, trattandosi di diritto soggettivo.

Corte di Cassazione n. 29925/2023

L’impossibilità di produrre l’attestazione relativa ai redditi prodotti all’estero può essere sopperita con la produzione dell’autocertificazione

In tema di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, l’impossibilità di produrre l’attestazione relativa ai redditi prodotti all’estero può essere sopperita con la produzione dell’autocertificazione, corredata dall’istanza per ottenere la documentazione di cui di cui all’art. 79 del d.P.R. n. 115 del 2002; a tal fine, non è necessaria l’assoluta impossibilità, poiché la sua dimostrazione comporterebbe una prova di per sé incompatibile con un procedimento teso ad assicurare la difesa del non abbiente, finendo per coincidere o con l’esplicito immotivato rifiuto o con l’assenza di possibili contatti con il paese di origine e, quindi, per impedire la difesa a coloro che siano privi di mezzi di sollecitazione dell’autorità competente.

(da www.dejure.it)

Corte di Cassazione n. 24810/2023

Obbligo dell’avvocato di informare il cliente della possibilità di accedere al patrocinio a spese dello Stato, nel caso di sussistenza dei presupposti

In base ai principi generali di correttezza e diligenza di cui agli artt. 1174 e 1175 c.c., l’avvocato è tenuto ad informare il cliente della possibilità di accedere al beneficio del gratuito patrocinio, qualora sussistano i presupposti.

(da www.dejure.it)

Corte di Cassazione n. 21096/2023

Gratuito patrocinio: ai fini della revoca per superamento dei limiti di reddito rilevano eventuali variazioni intervenute nel processo e fino alla definizione

In tema di patrocinio a spese dello Stato, ai fini della revoca per superamento dei limiti di reddito, assumono rilievo eventuali variazioni intervenute durante tutta la durata del processo e fino alla sua definizione non essendo, al contrario, richiesto che il relativo accertamento sia avvenuto pendente lite o sulla base dei soli elementi acquisiti o intervenuti in corso di causa, salvo il potere del giudice di individuare il momento a partire dal quale la revoca deve avere effetto.

(da www.dejure.it)

Corte di Cassazione n. 20501/2023

Il provvedimento reso dal giudice amministrativo di rigetto della richiesta di ammissione al gratuito patrocinio è impugnabile dinanzi al giudice ordinario

L’attribuzione della giurisdizione al giudice ordinario va ribadita anche nel caso in cui ad essere impugnato non sia un provvedimento di liquidazione dei compensi, ma a monte il provvedimento che abbia negato o concesso l’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, rinvenendosi le medesime ragioni che sorreggono la soluzione raggiunta per il primo.

(da www.dejure.it)

Corte costituzionale n. 223/2022

Nel processo penale, l’unica condizione richiesta per l’accesso al patrocinio a spese dello Stato è quella reddituale, senza che debba sussistere un vaglio in ordine alla non manifesta infondatezza della pretesa

Con riferimento all’istituto del patrocinio a spese dello Stato, il processo penale è caratterizzato da innegabili specificità: da un lato, è frutto di un’azione dell’organo pubblico, “subita” dal soggetto che aspira a tale beneficio e, dall’altro, ha come posta in gioco il bene supremo della libertà personale. Ne deriva una diversa regolamentazione, sicché nel processo penale l’unica condizione richiesta per l’accesso al beneficio in esame, da parte dell’indagato e dall’imputato, è quella reddituale (il mancato superamento della soglia di reddito individuata normativamente), mentre nei processi di altra natura è necessario anche un previo vaglio in ordine alla non manifesta infondatezza della difesa.

(da www.cortecostituzionale.it)

Corte costituzionale n. 223/2022

Non può sussistere la presunzione di superamento dei limiti di reddito per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel caso di condanna in via definitiva per il reato di cessione di sostanze stupefacenti «di lieve entità»

È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3, sotto il profilo dell’intrinseca irrazionalità, e 24, secondo e terzo comma, Cost., l’art. 76, comma 4-bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, nella parte in cui ricomprende la condanna in via definitiva per il reato di cessione di sostanze stupefacenti «di lieve entità», di cui all’art. 73, comma 5, t.u. stupefacenti, tra quelle per le quali vige la presunzione di superamento dei limiti di reddito per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato. La disposizione censurata dal Tribunale di Firenze contrasta, per incoerenza rispetto allo scopo perseguito, con l’art. 3 Cost., dal momento che rispetto al duplice presupposto della norma – la particolare “redditività” del catalogo di reati per i quali la presunzione vige e la maggiore possibilità di occultamento dei profitti – i fatti di “piccolo spaccio”, quand’anche aggravati ai sensi dell’art. 80 t.u. stupefacenti, si caratterizzano per un’offensività contenuta che non lascia ragionevolmente presumere il superamento dei limiti di reddito da parte del reo. La presunzione in esame – divenuta relativa a seguito della sentenza n. 139 del 2010 – viola anche il diritto fondamentale di azione e di difesa in giudizio, rendendo più gravoso l’onere probatorio posto a carico del richiedente per essere ammesso al beneficio. (Precedenti: S. 139/2010 – mass. 34603; S. 144/1992).

(da www.cortecostituzionale.it)

Corte costituzionale ord. 206/2022

Il patrocinio a spese dello Stato è assicurato anche in relazione all’attività difensiva svolta nel corso del procedimento di mediazione obbligatoria

Sono dichiarate manifestamente inammissibili, per sopravvenuta carenza di oggetto, le questioni di legittimità costituzionale – sollevate dai Tribunali di Pordenone e di Milano, in riferimento, nel complesso, agli artt. 2, 3, 24 e 36 Cost. – degli artt. 74, comma 2, e 75, comma 1, del d.P.R. n. 115 del 2002, nella parte in cui non prevedono che il patrocinio a spese dello Stato in favore dei non abbienti sia assicurato anche in relazione all’attività difensiva svolta nel corso del procedimento di mediazione obbligatoria di cui all’art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010 (attuale art. 5 comma 1), quando il successivo giudizio non è stato instaurato per l’intervenuta conciliazione delle parti. La sentenza n. 10 del 2022, sopravvenuta alle ordinanze di rimessione, ha già dichiarato, in senso conforme ai petita dei rimettenti, l’illegittimità costituzionale in parte qua delle disposizioni censurate.

(da www.cortecostituzionale.it)

Corte costituzionale n. 10/2022

Il legislatore deve trovare un punto di equilibrio tra i principi dell’equilibrio di bilancio e dell’accesso alla giustizia per i non abbienti, con prevalenza di quest’ultimo

Quando una determinata scelta legislativa giunga a impedire a chi versa in una condizione di non abbienza l’effettività dell’accesso alla giustizia, con conseguente sacrificio del nucleo intangibile del diritto alla tutela giurisdizionale, è naturalmente ridotto il margine di discrezionalità del legislatore – particolarmente ampio nella conformazione degli istituti processuali -, poiché si tratta comunque di spese costituzionalmente necessarie, anch’esse inerenti, in senso lato, all’erogazione di prestazioni sociali incomprimibili. In siffatte ipotesi l’argomento dell’equilibrio di bilancio recede, essendo la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione.

(da www.cortecostituzionale.it)

Agenzia delle Entrate, in risposta all’interpello n. 31 del 19 gennaio 2022

Per l’ammissione al gratuito patrocinio di considera anche il reddito di cittadinanza

Ai fini della ammissione al patrocinio gratuito, nella determinazione del reddito personale di uno dei due coniugi deve essere considerato anche il reddito di cittadinanza per la quota del 50%, nel presupposto che nel nucleo familiare, oltre ai due coniugi, non ci siano altri componenti maggiorenni. Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello n. 31 del 19 gennaio 2022. Ai fini della determinazione dei limiti di reddito per poter accedere al gratuito patrocinio, si tiene conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ovvero ad imposta sostitutiva.

(da www.ipsoa.it)

Corte costituzionale n. 157/2021

In caso di impossibilità a presentare la documentazione richiesta, il cittadino di Stati non appartenenti all’Unione europea può produrre una dichiarazione sostitutiva della documentazione

È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 3 Cost., in coordinamento con gli artt. 24 e 113 Cost., l’art. 79, comma 2, del d.P.R. n. 115 del 2002, nella parte in cui non consente al cittadino di Stati non appartenenti all’Unione europea – che faccia richiesta di patrocinio a spese dello Stato -, in caso di impossibilità a presentare la documentazione richiesta, di produrre, a pena di inammissibilità, una dichiarazione sostitutiva di tale documentazione. La norma censurata dal TAR Piemonte, in contrasto con i principi di ragionevolezza e di autoresponsabilità, inficia nei processi civile, amministrativo, contabile e tributario la possibilità di un accesso effettivo alla tutela giurisdizionale, facendo gravare sullo straniero proveniente da un Paese non aderente all’UE il rischio del fatto del terzo (ossia l’autorità consolare), la cui eventuale inerzia o inadeguata collaborazione rendano impossibile produrre tempestivamente la sola documentazione ritenuta necessaria, a pena di inammissibilità, per comprovare i redditi prodotti all’estero. Essa può essere resa conforme alla disciplina generale che concretizza il principio di autoresponsabilità tramite l’aggiunta di una previsione che già trova riscontro nella disciplina dettata dall’art. 94, comma 2, t.u. spese di giustizia, per il processo penale, nonché dall’art. 16 del d.lgs. n. 25 del 2008, per l’impugnazione in sede giurisdizionale delle decisioni sullo status di rifugiato, che al medesimo art. 94 si richiama.

(da www.cortecostituzionale.it)

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza n. 3050/21; depositata il 9 febbraio

L’ammissione al gratuito patrocinio retroagisce al momento della domanda

Gli effetti dell’ammissione al gratuito patrocinio decorrono, ai sensi dell’art. 109 del d.P.R. n. 115 del 2002, dalla data in cui l’istanza è stata presentata (o è pervenuta all’ufficio del magistrato) o dal primo atto in cui interviene il difensore se l’interessato fa riserva di presentare l’istanza e questa è presentata entro i venti giorni successivi in quanto, ove tali effetti fossero fatti risalire alla data di adozione della relativa delibera di ammissione, si determinerebbe un illogico pregiudizio dei diritti dell’istante per un fatto a lui non addebitabile, facendosi dipendere il diritto al beneficio dalla maggiore o minore durata dell’esame della richiesta da parte dell’ordine professionale.

(da www.dejure.it)

Corte di Cassazione, sez. VI civile – 2, ordinanza n. 19733/20

Patrocinio a spese dello Stato: l’istanza di liquidazione dei compensi dell’avvocato è soggetta a decadenza?

Nel patrocinio a spese dello Stato non è prevista alcuna decadenza per l’avvocato che depositi l’istanza di liquidazione dei compensi in un momento successivo alla pronuncia.

(da www.dirittoegiustizia.it)

Corte di Cassazione n. 15175/2019

Il gratuito patrocinio si applica per ogni procedimento civile anche quando l’assistenza legale non è obbligatoria

La disciplina sul patrocinio a spese dello Stato è applicabile in ogni procedimento civile, pure di volontaria giurisdizione e anche quando l’assistenza tecnica del difensore non è prevista dalla legge come obbligatoria.

(da www.dejure.it)

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sent. 54484/16; depositata il 21 dicembre

Gratuito patrocinio: il reddito del familiare convivente non rileva nel caso in cui egli sia la persona offesa

Nella determinazione del reddito complessivo familiare, previsto dall’art. 76 d.P.R.n. 115/2002, ai fini del riconoscimento del diritto all’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, non può tenersi conto del reddito prodotto dal familiare convivente, quando quest’ultimo è persona offesa del reato in ordine al quale si procede.

(da www.dirittoegiustizia.it)

– Cappelletti, Povertà e giustizia, in Foro it., 1969, V, 48;

– De Rosa, Sulla effettività del sistema di difesa per i non abbienti, in Giur. it., 2003, 1216;

– De Simone, Del Medico, Scialla, Patrocinio a spese dello Stato e difesa d’ufficio, Giappichelli, 2004.

Pagina a cura di
Dott.ssa Esposito Martina

Dott.ssa Esposito Martina

Avvocato di strada - Bologna

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