Il quotidiano “LA DISCUSSIONE” intervista l’Avv.Francesco Priore, coordinatore della sede napoletana dell’Associazione Avvocato di strada Onlus

Senza fissa dimora, immigrati, genitori separati, ragazze madri, anziani senza famiglia: sono questi i clienti-tipo degli “avvocati di strada”. Il progetto, realizzato per la prima volta nell’ambito dell’Associazione “Amici di Piazza Grande”, nasce a Bologna alla fine del 2000 per garantire un apporto giuridico qualificato a quei cittadini oggettivamente privati dei loro diritti fondamentali.

La tutela legale viene prestata presso un ufficio, il cosiddetto “sportello”, organizzato come un vero e proprio studio legale. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti. E, soprattutto, l’idea di assistere legalmente gli ultimi della società ha fatto proseliti in tutta la penisola. Oggi gli sportelli di Avvocato di strada sono presenti a Ancona, Bari, Bologna, Bolzano, Ferrara, Foggia, Jesi, Lecce, Macerata, Milano, Modena, Napoli, Padova, Pescara, Roma, Reggio Emilia, Rovigo, Taranto e Trieste. Secondo i dati contenuti nel “Rapporto sull’assistenza legale in Italia a favore delle persone senza dimora diffuso dalla Onlus “Avvocato di strada” durante il 2010 sono state aperte 2.212 pratiche in tutto il territorio nazionale. Rispetto all’anno precedente, in cui sono state aperte 2.072 pratiche, si è verificato un ulteriore incremento delle pratiche «dovuto a fattori diversi, fra cui senza dubbio la crisi economica che ha indebolito ulteriormente categorie già fragili e ne ha create di nuove». Il campo di azione più frequentato dai professionisti del diritti del sodalizio è quello del diritto amministrativo (con 1.021 pratiche, pari al 46 per cento del totale) seguito dal diritto civile (44 per cento) e dal diritto penale. Di questi e altri aspetti abbiamo parlato con l’avvocato Francesco Priore, responsabile dello Sportello di Napoli che ha sede nella “Casa di Tonia”, casa famiglia fortemente voluta dal cardinal Crescenzio Sepe e intitolata alla memoria della giovane madre di Torre del Greco che rifiutò la chemioterapia per portare a termine la sua gravidanza, pur sapendo che sarebbe andata incontro alla morte sicura.

Avvocato che effetto ha avuto la crisi economica sul vostro lavoro quotidiano? I clienti sono aumentati?

Il lavoro è aumentato sensibilmente. Innanzitutto per la crescita del fenomeno migratorio. Tanti immigrati si rivolgono al nostro sportello per ricevere aiuto. Da un po’ di tempo, però, ci sono anche altre figure di clienti.

Quali?

I genitori separati. Penso al marito che dopo la separazione non riesce, perché magari ha difficoltà nel lavoro o lo ha perso del tutto a causa della crisi, a sostenere i costi della separazione e quindi per qualche periodo fa l’esperienza della vita per strada e della mensa della Caritas. È triste ammetterlo ma tante persone, senza questo servizio, rischierebbero di morire letteralmente di fame. Non mancano, poi, i senza fissa dimora e gli anziani che non hanno più famiglia e non sanno a chi rivolgersi per sbrigare pratiche burocratiche o per tutelare i propri diritti. Lo sportello di Napoli ha anche un’altra caratteristica, quella di seguire legalmente le ragazze madri o prossime al parto che hanno bisogno di ogni possibile tipo di aiuto.

Come siete organizzati?

Siamo volontari a tutti gli effetti. Ognuno mette a disposizione una parte del proprio tempo libero. Ci sono colleghi che possono garantire una maggiore presenza e altri meno. Se, poi, c’è una urgenza ci possono rintracciare tramite cellulare e interveniamo subito.

Portare avanti la baracca non è facile, specie di questi tempi, anche per chi fa della solidarietà la sua bandiera. Economicamente come vi mantenete?

La prestazione professionale è assolutamente gratuita. Talvolta alcuni dei nostri assistiti hanno diritto a beneficiare al gratuito patrocinio, perché magari la fascia di reddito è al di sotto di quella che impone la legge.

In questo caso cosa succede?

La nostra politica è quella di non intascare nemmeno un euro da questo servizio di solidarietà che mettiamo a disposizione degli ultimi, ragion per cui se dopo aver seguito una vertenza legale, in virtù del gratuito patrocinio, un magistrato ci liquida l’onorario ci impegniamo a versare il relativo importo all’associazione, trattenendo soltanto i soldi versati a titolo di diritti e contributi. C’è uno spirito di totale gratuità.

Si è discusso molto, negli ultimi giorni, della intenzione di alcuni ministri del governo Monti di abolire il contributo a carico degli stranieri per il rinnovo del permesso di soggiorno. Che ne pensa?

Personalmente trovo che l’aumento non sia giusto. Va affermato un principio sacrosanto, e cioè che il fenomeno migratorio va gestito e questo deve avvenire in maniera solidale. Ci sono, però, delle problematiche che non possono essere sottovalutate.

Cioè?

La legislazione troppo restrittiva getta queste persone nelle mani dell’illegalità. Mi spiego meglio. Una persona senza documenti non può fare nulla, nemmeno affittare una casa e se trova un datore di lavoro che lo vuole assumere non lo può fare perché è stata introdotto nel nostro Paese una procedura estremamente complessa.

Cerchiamo di capire come stanno realmente le cose. Un nigeriano che entra clandestinamente in Italia e vuole regolarizzare la sua posizione, perché ha trovato un datore di lavoro che deve fare?

Deve aspettare che venga emanato il cosiddetto decreto flusso e partecipare al cosiddetto “click day” nel senso di inoltrare l’istanza sul sito del ministero degli Interni che viene creato appositamente per questo motivo. Se è fortunato, ossia rientra nel numero di ingressi stabiliti per il suo Paese, deve industriarsi per tornare nuovamente in patria e qui portare a termine l’iter attraverso le sue autorità e ripartire alla volta dell’Italia per venire a lavorare. Insomma siamo in presenza di un vero rompicapo.

Da addetto ai lavori quale sarebbe, a suo giudizio, la soluzione migliore?

Senza dubbio una sanatoria, anche se non ne viene introdotta una dal 2009. In mancanza di un provvedimento simile, questo esercito di disperati finisce agevolmente nelle maglie della criminalità organizzata che, così facendo, trova manovalanza a basso costo disposta a tutto.

Un “avvocato di strada” si affeziona ai casi che tratta?

Capita. Ricordo, ad esempio, con particolare emozione il caso di una ragazza extracomunitaria, ospite della “Casa di Tonia” alla quale era stato negato il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di studio e che si è rivolta a noi l’ultimo giorno utile per presentare ricorso al Tar. Ho lavorato tutta la notte e, alla fine, con grande soddisfazione i giudici ci hanno dato ragione, riconoscendo che i motivi addotti per il diniego dal Viminale non erano così gravi da far emergere la volontà della giovane donna, che peraltro aveva conseguito una prima laurea all’Università per stranieri di Siena, di non integrarsi con la realtà italiana.

Insomma il suo è un lavoro che non fa guadagnare nulla ma che porta tante soddisfazioni?

Non c’è cosa più bella di avere un sorriso da parte di una di queste persone. Devo anche dire che, nella loro semplicità, cercano anche di manifestare la loro riconoscenza. Una volta alcuni immigrati mi hanno regalato una cassetta di albicocche che avevano raccolto dopo una giornata di lavoro in campagna. Non volevo accettare ma loro hanno insistito. Sono state le albicocche più buone e gustose della mia vita.

Leggi l’intervista sul sito del quotidiano La discussione:
http://www.ladiscussione.com/politica/interviste/2211-difendiamo-i-diritti-degli-ultimi.html