Nel 2006.

Tramite ricerche sul web.

Ero una giovane praticante e avevo superato lo scritto dell’ esame per l’abilitazione alla professione forense; nel contempo il dominus presso il quale svolgevo la pratica mi aveva invitato gentilmente a lasciare la compagine dello studio perché, a suo dire, avevo una mentalità che collideva con la sua impostazione. Avevo bisogno di continuare a credere in quello che volevo fare a tutti i costi, avevo bisogno di un progetto che mi permettesse di avere una solida base su cui realizzare il mio sogno: fare l’avvocato. Per tali motivi una sera cercai una risposta ai miei bisogni sul web, arrivai a consultare la pagina di Avvocato di Strada, mi infatuai a prima vista dell’idea e decisi di crearla a Taranto. Incontrai 3 colleghe lungimiranti e sognatrici come me: insieme e nel giro di pochissimo tempo creammo una ONLUS all’interno della quale sviluppammo il progetto di Avvocato di Strada. Oggi siamo 20 avvocati ed una psicologa e quest’anno festeggeremo il decennale. Valeva la pena sognare.

Si a volte capita che gli assistiti, quasi per sfidare la nostra soglia di tolleranza, ci mostrino gli effetti della loro incuria. In particolare un signore una sera insisteva affinchè io e un collega toccassimo con mano le piaghe della sua micosi. Declinammo l’invito.

Si tante, primariamente ho compreso una cosa di una semplicità inaudita: c’ è tanta gente che soffre vivendo ai margini, viene umiliata eppure sopravvive. Non c’è limite allo spirito di sopravvivenza. Ho imparato a trovare soluzioni, e anche che chiunque, anche i rappresentanti delle istituzioni, i grandi avvocati del nostro foro, le alte cariche ecclesiastiche o politiche, davanti alla miseria umana, sono compassionevoli e ognuno fa quel che può. Quando coinvolgiamo qualcuno dei suddetti è come se aprissero gli occhi per la prima volta dinanzi alla povertà umana e quindi si esaltano nella ricerca delle soluzioni.

La Sig. ra B………, un vero caso di risocializzazione e ricongiungimento familiare. Era una donna che la vita di strada aveva reso debole e psicologicamente instabile, l’abbiamo fatta inserire in una struttura, proprio nel momento in cui stava per essere indotta da soggetti che ne controllavano la vita, alla prostituzione. Curammo il suo ingresso in struttura e da quel giorno ha riacquistato lucidità, ha preso contatti con la figlia e la soddisfazione più grande è stata che, proprio pochi mesi fa, ho saputo che è uscita dalla struttura con sua figlia ed è andata in giro nel centro della città per aiutare la ragazza a scegliere il suo abito da sposa.

Spesso accade che gli assistiti pretendano oltremodo; questo non mi demoralizza, ma mi irrita profondamente. E’ capitato che ho dovuto fare a volte la voce grossa e, proprio ultimamente, ho predisposto un servizio di ordine allo sportello per tutelare l’incolumità di noi tutti avvocati ed operatori.

Il gruppo è saldo da morire e questa è una delle soddisfazioni più grandi.

Questa esperienza è parte della mia vita, io sono anche quello che faccio, gli altri ci apprezzano a priori, solo perché aiutiamo i più deboli, è strano ma questa esperienza ti regala un patentino di rispetto.

SI, dovremmo pesare al futuro dei risocializzati, quindi creare opportunità di formazione e lavoro, valorizzando allo stesso modo i nostri territori, dovremmo creare impresa sociale.