I limiti di pignorabilità dei crediti

Cos'è il pignoramento?

Il pignoramento è l’operazione con cui i beni o crediti del debitore vengono aggrediti ai fini di rimborsare i propri creditori. Attraverso il pignoramento presso terzi, il creditore può pignorare crediti che il debitore vanta nei confronti di un terzo, o cose mobili di proprietà del debitore in possesso di un terzo con atto notificato al terzo e al debitore mediante specifica procedura giudiziaria nel rispetto delle disposizioni contenute nell’art. 545 c.p.c.

Crediti impignorabili

La legge stabilisce la tipologia e la misura dei crediti che possono essere soggetti a pignoramento.

Più precisamente l’art. 545 c.p.c. primo e secondo comma, individua alcune tipologie di crediti che non possono assolutamente essere pignorati:

  • alimentari, tranne che per cause di alimenti e sempre con l’autorizzazione del presidente del tribunale o di un giudice da lui delegato e in ogni caso per la sola parte determinata mediante decreto;
  • aventi ad oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri;
  • aventi ad oggetto sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, enti di assistenza o istituti di beneficenza;
  • derivanti da pensioni di invalidità.

Ciò significa, pertanto, che non sono pignorabili assegni sociali, assegni di inclusione.

Inoltre, con riguardo ai crediti alimentari occorre precisare che gli “alimenti” sono tecnicamente una cosa ben diversa dal “mantenimento” dovuto all’ex coniuge in caso di separazione o divorzio.

Infatti, gli alimenti si riferiscono a quanto necessario per il sostentamento economico per garantire la sopravvivenza dei familiari più stretti.

Il mantenimento è una somma che, in caso di cessazione del matrimonio, il coniuge con il reddito più alto deve versare all’ex se questi non è autosufficiente, di importo di norma più elevato degli alimenti perché non mira a garantire solo la sopravvivenza ma anche un tenore di vita decoroso.

Nessuna norma del codice civile stabilisce che l’assegno di mantenimento è impignorabile come invece viene detto a chiare lettere per gli alimenti. Alcuni giudici hanno ritenuto di poter applicare per analogia la stessa disciplina degli alimenti anche al mantenimento, sulla base della finalità cui quest’ultimo era diretto: dare un sostegno economico al coniuge meno abbiente e molto spesso disoccupato. Senonché, nel 2020, la Cassazione ha stabilito che il mantenimento dovuto all’ex coniuge non ha natura alimentare. Più precisamente che: “L’assegno di mantenimento a favore del coniuge, trovando fondamento nel diritto all’assistenza materiale derivante dal vincolo coniugale e non (come invece il mantenimento dei figli economicamente non indipendenti) nello stato di bisogno, non ha natura alimentare”.

Questa interpretazione lascia intendere che le norme relative agli alimenti non si applicano al mantenimento, non almeno a quello dovuto all’ex coniuge. Diversamente, per il mantenimento dovuto ai figli, la somma corrisposta dal genitore non affidatario viene riconosciuta avente natura alimentare in quanto funzionale a garantire la sopravvivenza e il sostentamento del figlio stesso. In questo caso, quindi, è possibile applicare le norme relative agli alimenti.

In conclusione, l’assegno di mantenimento dovuto all’ex coniuge può essere pignorato, mentre non può esserlo quello dovuto ai figli.

Giova, inoltre, osservare come siano previste specifici limiti di pignoramento per due peculiari istituti: (i) la rendita vitalizia e (ii) i diritti dei creditori e degli eredi.

Nella prima ipotesi (i), l’art. 1881 c.c.  espressamente prevede che qualora la rendita vitalizia sia stata costituita a titolo gratuito, è possibile statuire che la stessa non sia soggetta a pignoramento, nei limiti del bisogno alimentare del creditore, valutato direttamente dal Giudice e parametrato alla vita dell’avente diritto in relazione alla sua posizione sociale.

Nel secondo caso (ii), l’art. 1923 c.c. stabilisce che eventuali premi o somme dovute dall’assicuratore in favore del contraente la polizza o del suo beneficiario non possono essere sottoposte a procedura esecutiva.

Crediti dovuti da privati a titolo di stipendio o indennità di lavoro

Il terzo e quarto comma dell’art. 545 c.p.c. stabiliscono che sono parzialmente pignorabili:

somme dovute da privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento.

A

possono essere pignorate nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato per i crediti alimentari.

possono essere pignorate nella misura massima di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni e per ogni altro credito.

Si precisa tuttavia che le somme (erogate sia dal datore di lavoro, sia da un ente previdenziale) già confluite nel conto corrente del debitore, sono pignorabili senza limitazioni, poiché una volta giunte nel conto corrente perdono la loro originaria connotazione causale.

Inoltre, la Corte Costituzionale ha ribadito in diverse occasioni che non c’è un limite assoluto di impignorabilità di salari e stipendi; per garantire al debitore i mezzi indispensabili per vivere rimane confermata la pignorabilità di tali crediti, seppure con i predetti limiti. Pertanto, gli obblighi del terzo pignorato non si estendono all’ultimo emolumento accreditato allo stesso titolo: l’ultimo rateo di stipendio o pensione accreditato sul conto corrente bancario o postale intestato al debitore non potrà più essere intaccato dal pignoramento presso terzi e rimarrà quindi nella piena disponibilità del debitore. Chiaramente ciò non accadrà se il creditore abbia pignorato anche il conto corrente oltre che lo stipendio o la pensione.

Se il creditore è l’Agenzia delle Entrate

In tema di pignoramenti presso terzi disposti dall’agente della riscossione, le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate dall’agente della riscossione in misura pari a:

A

un decimo per importi fino a 2.500 euro

settimo per importi superiori a 2.500 euro e non superiori a 5.000 euro;

un quinto per gli importi di ammontare superiore a € 5.000.

La ratio della disposizione è quella di preservare un credito (quale quello di lavoro) direttamente legato al soddisfacimento delle esigenze primarie di vita del soggetto esecutato, e quindi ritenuto meritevole di particolare tutela: ciò spiega perché la deroga in senso più favorevole per il debitore trovi applicazione unicamente per i redditi o le indennità più bassi, tornando invece ad applicarsi la “normale” regola processual-civilistica della pignorabilità del quinto per le fasce di reddito o le indennità superiori a cinquemila euro.

Ulteriori limitazioni

Concorso di pignoramenti

Per effetto del quinto comma dell’art. 545 c.p.c in caso di concorso tra pignoramenti/crediti diversi, i limiti di capienza della retribuzione pignorata sono:

  • per concorso di crediti tra cui quelli di natura alimentare, il pignoramento non può colpire una quota che eccede la metà dello stipendio;
  • per il concorso di crediti diversi da quelli alimentari, il limite di capienza è pari ad 1/5.

Leggi speciali

Restano in ogni caso ferme le altre limitazioni contenute in speciali disposizioni di legge.

Per esempio, in relazione ai crediti degli enti pubblici occorre distinguere tra crediti di diritto pubblico e crediti di diritto privato. I primi, che scaturiscono dall’esercizio di pubbliche potestà (es.: i crediti derivanti da obbligazioni tributarie), sono assolutamente impignorabili. Sono invece pignorabili le entrate di diritto privato come ad esempio quelle connesse all’esercizio di un’attività d’impresa, salvo che la loro impignorabilità sia espressamente stabilita dalla legge o da un provvedimento amministrativo.

Inoltre, il pignoramento degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti dalle pubbliche amministrazioni resta regolato dagli articoli 1- 4 del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180.

Crediti da chiunque dovuti a titolo di pensione

Le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza.

A

Sono pignorabili per la parte eccedente l’ammontare corrispondente a una volta e mezza la misura massima dell’assegno sociale, con un minimo di 1.000 euro. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge.

Esempio: se una persona percepisce una pensione di 1000 euro al mese, il limite impignorabile sarà pari a 801,615 euro (pari all’assegno sociale di 534,41 euro aumentato della metà). A poter essere pignorata sarà solo la somma eccedente, cioè 198,385 euro, non per l’intero, ma nei limiti del quinto, cioè 39,67 euro.

1) per crediti alimentari (tutela rafforzata): 1/3

2) per crediti derivanti dal rapporto di impiego: 1/5

3) per crediti di natura tributaria (erariali): 1/5

4) per ogni altro credito: 1/5

5) concorso di più cause: non oltre 1/5 o (in presenza di debiti alimentari) non oltre la metà.

Crediti da chiunque dovuti a titolo di stipendio o pensione su conto corrente

Le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore

A

Sono pignorabili per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento;

Esempio: se la pensione accreditata è di 1800 euro, l’importo non pignorabile sarà di 1603,23 euro (534,41   x 3) e quindi la base pignorabile sarà pari a 196,77 euro (interamente pignorabile).

Quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma, nonché dalle speciali disposizioni di legge.

Esempio: se la pensione accreditata è di 1800 euro, l’importo non pignorabile sarà pari a 801,15 euro (assegno sociale aumentato della metà) e la base pignorabile sarà pari a 998,85 euro (nei limiti del quinto, cioè 160,23 euro).

Il credito pignorabile non deve essere esigibile

L’esigibilità del credito non è condizione della sua pignorabilità, poiché oggetto dell’espropriazione forzata non è tanto un bene suscettibile di esecuzione immediata, quanto una posizione giuridica attiva del debitore; cosicché l’espropriazione presso terzi, in difetto di espressa deroga, può configurarsi anche con riguardo a crediti non liquidi o condizionati ma suscettibili di una capacità satisfattiva futura, concretamente prospettabile nel momento della assegnazione. Solo l’eventualità concreta di maturazione del credito rende lo stesso pignorabile, cosa che difficilmente può essere affermata per somme non ancora presenti nel conto corrente del debitore.

Pignoramento in violazione della normativa

Il pignoramento eseguito sulle somme di cui all’art. 545 c.p.c. in violazione dei divieti e oltre i limiti previsti dallo stesso e dalle speciali disposizioni di legge è parzialmente inefficace. L’inefficacia è rilevata dal giudice anche d’ufficio.

Avv. Barbara Corasaniti

Avv. Barbara Corasaniti

Volontaria Avvocato di strada Pavia