Avvocato di strada è un’organizzazione di volontariato, presente ormai da più di vent’anni sul territorio italiano, nata per tutelare le persone che vivono in strada.

 La nostra attività si sviluppa principalmente negli sportelli legali presenti in tutta Italia e l’operato di ogni singolo volontario è fondamentale.

 Spesso ci troviamo a raccontare le storie di rivincita delle persone che si rivolgono a noi e riescono a ritrovare un futuro che sembrava smarrito grazie ai volontari che mettono a disposizione gratuitamente tempo, energie e competenze. 

 È bello fare del bene, ed è ancora più bello quando il bene che diamo torna indietro. Ma non tutte le storie hanno un lieto fine. Anche noi sbattiamo contro ostacoli imprevisti che fanno vacillare la fiducia e la volontà. Oggi vogliamo parlarvi proprio di una storia senza lieto fine, e lo facciamo con le parole dell’avvocato protagonista della vicenda.

 Il primo incontro tra l’avvocato e il signor Andrea risale a quattro anni fa ed era una “prima volta” per entrambi. L’avvocato era al primo sportello come volontario dell’associazione, il signor Andrea aveva sempre sentito parlare di noi ma non si era mai deciso a venirci a trovare.

Ma lasciamo proprio che siano le parole dell’avvocato stesso a raccontare tutta la vicenda.

 “Ho incontrato il signor Andrea al mio primo sportello come volontario di Avvocato di strada, ormai quattro anni fa. Gli assistenti sociali gli avevano consigliato di rivolgersi a noi già da un po’ e lui, dopo lunghi contatti telefonici con i nostri volontari, si era finalmente deciso a venire da noi, ma era molto diffidente”.

 “Il signor Andrea al tempo aveva già oltre sessant’anni, viveva in strada da molto tempo e aveva iniziato a sviluppare alcuni seri problemi di salute. Aveva urgente bisogno di trovare un posto dove dormire ma c’erano due problemi: gli assistenti sociali gli avevano detto che, in quanto cittadino comunitario, non potevano inserirlo in una struttura stabile se non aveva la residenza anagrafica e se non poteva dimostrare di avere risorse sufficienti per mantenersi. Si trattava con tutta evidenza di una richiesta paradossale. Lui cercava posto in dormitorio proprio perché era senza soldi e senza residenza”.

 “Insieme ad altri volontari abbiamo fatto delle ricerche e abbiamo iniziato a preparare un ricorso in Tribunale. L’esito della controversia non sembrava scontato ma non potevamo lasciar cadere nel vuoto la richiesta di chi dopo tanto tempo, e come ultima spiaggia, aveva deciso di rivolgersi a noi”.

 “Abbiamo presentato un ricorso d’urgenza al Tribunale per chiedere l’iscrizione anagrafica e, finalmente, l’accesso alle strutture senza discriminazioni e il giorno dell’udienza io e un altro volontario abbiamo accompagnato il signor Andrea in aula. Al termine della discussione siamo usciti dalla camera di consiglio con sensazioni opposte: io ero soddisfatto della lunga discussione e moderatamente fiducioso perché la giudice aveva apprezzato il nostro ricorso e mi era sembrata disposta a considerare seriamente l’emanazione del provvedimento; il signor Andrea, invece, era scettico e non capiva perché non gli fosse stata rivolta alcuna domanda, quasi come se si stesse discutendo di qualcun altro, nemmeno presente”.

 “Effettivamente entrambi avevamo colto qualcosa di vero: pochi giorni dopo la giudice ci ha negato il provvedimento, non per l’infondatezza delle ragioni giuridiche, ma per l’assenza di urgenza di provvedere in tempi più rapidi di quelli richiesti da un processo ordinario. La motivazione in sostanza era che siccome la situazione del signor Andrea era la stessa da molto tempo, seppur grave, un anno di più non sembrava poter fare alcuna differenza: la giudice ci invitava, insomma, a procedere per le vie ordinarie”.

 “Il signor Andrea si è così trovato per l’ennesima volta davanti a un no, e questo ha minato la sua fiducia. Per lungo tempo abbiamo perso i contatti con lui e il processo ordinario, che pure avremmo voluto intentare, non è mai iniziato. La sua storia è la storia di molti, e anche se avevamo temporaneamente perso i contatti con lui, abbiamo comunque pensato di andare avanti cercando un contatto con l’Amministrazione comunale per segnalare la grave e urgente situazione che si era verificata con il signor Andrea e che si poteva verificarsi con tanta altra gente”.

 “Siamo stati ricevuti e ascoltati. Alcune persone con cui abbiamo parlato si sono impegnate ad approfondire, ma nella sostanza non abbiamo avuto aggiornamenti. Il caso del sig. Andrea rimaneva emblematico e rimaneva il rammarico per non averlo potuto aiutare. Poi, dopo tanto silenzio, pochi mesi fa il signor Andrea si è ripresentato a sportello, purtroppo non con buone notizie: nei due anni in cui non l’avevamo visto era rimasto in strada e come ampiamente prevedibile la sua salute era notevolmente peggiorata e non poteva assolutamente rimanere a vivere in strada. Ci stavamo organizzando per iniziare il processo ordinario quando il sig. Andrea ha avuto un malore grave ed è stato ricoverato in ospedale”. 

“La notizia ci è stata data dagli assistenti sociali, che si erano rivolti a noi volontari di Avvocato di strada perché risultavamo essere i suoi unici contatti. Pur avendo avuto subito l’istinto di raggiungerlo, mi sono chiesto se non fosse un atto invadente, che esulava dal nostro rapporto professionale. Dopo averci pensato su in ospedale alla fine ci sono andato. Quando mi sono presentato in reparto il signor Andrea è stato sorpreso di vedermi lì. Rispetto ai nostri incontri precedenti questa volta abbiamo parlato soprattutto di lui, di quello che gli era successo, di come stesse, di cosa gli avessero detto i dottori e di quali fossero le prospettive”.

“Al momento dei saluti mi ha detto che il fatto che mi fossi presentato lì significava molto per lui, perché voleva dire che l’Associazione lo aveva preso in carico “un po’ più che legalmente”. E, in effetti, probabilmente alla fine ha ragione il signor Andrea anche questa volta, anche se a me è servito un po’ di tempo e qualche causa persa per capirlo: l’Avvocato di strada forse è, prima di tutto, una professione di cura.”

Lucia Greppi

Lucia Greppi

Volontaria Avvocato di strada Bologna