Buon vento, Guido
La chiamata di Guido è arrivata al telefono del nostro sportello di Genova nel pieno della prima ondata del Covid19. Era un uomo disperato. Aveva dovuto affrontare recentemente un divorzio e ora, proprio a causa della crisi sanitaria, aveva perso anche il lavoro. La sua residenza anagrafica era ancora presso la casa coniugale, dove vivevano ancora l’ex moglie con i loro tre figli. In base alla sentenza di divorzio lui avrebbe dovuto spostare la sua residenza, ma vivendo in strada di fatto non aveva nessun luogo dove spostarla. Proprio per questo motivo ci aveva chiamato: l’avvocato della sua ex moglie lo aveva contattato più volte per esortarlo a spostare la residenza, dandogli un ultimatum.
Venire cancellato dalle liste anagrafiche ovviamente avrebbe comportato la perdita di tanti diritti fondamentali, come il diritto alle cure sanitarie e il diritto di voto, ma quello che lo allarmava di più era la consapevolezza che avrebbe perso anche la disoccupazione, che gli serviva per pagare l’assegno di mantenimento per i figli.
Per prima cosa abbiamo contattato l’avvocato della ex moglie di Guido per chiedere che concedesse ancora un po’ di tempo per cercare un posto dove potesse eleggere domicilio e poi richiedere l’iscrizione anagrafica nella via fittizia del suo comune di nascita, un paesino di mare in provincia di Genova.
Dopo vari tentativi di trovare un domicilio presso amici o parenti, gli abbiamo suggerito la soluzione di istituire una casella postale per fissare lì il suo domicilio. In questo modo è stato possibile inviare la richiesta di residenza presso la via fittizia, che è stata subito accettata.
Ottenere la residenza è stato un piccolo successo che gli ha consentito di operare una trasformazione grande nella sua vita. Si è sentito nuovamente autonomo, indipendente rispetto alla ex moglie ed in grado di camminare nuovamente a testa alta. Quando lo abbiamo conosciuto la prima volta, provava vergogna nel chiedere aiuto a parenti ed amici. Voleva nasconder loro la sua situazione di disagio economico. È una reazione, questa della vergogna, che ci fa provare sempre molta rabbia, ma che ormai non ci sorprende più. Nella società nella quale viviamo essere poveri, purtroppo, è una cosa di cui vergognarsi, anche se di colpe non ne hai affatto.
A distanza di qualche mese ci ha chiamati per farci sapere come stava. Aveva una voce ed una energia diverse. Sembrava rinato. Ci ha raccontato che era contento: vedeva i suoi figli tutti i giorni, stava per trasferirsi in una casa stabile che aveva trovato attraverso i contatti con un prete del suo paese e stava per iniziare il periodo di prova per un nuovo lavoro.
“Dopo tanto tempo – ci ha detto – il vento mi sembra tornato a girare a mio favore…”
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