concordato preventivo

Il concordato preventivo rappresenta una delle procedure concorsuali previste dal Diritto Fallimentare italiano cui può far ricorso il debitore.

Esso è dunque un accordo transattivo tra il debitore (sia esso un imprenditore individuale, una società o un diverso ente) ed i creditori, eseguito sotto il controllo giurisdizionale, finalizzato all’eliminazione di tutto il passivo, previo sacrificio da parte dei creditori.

Rappresenta l’Istituto centrale della conservazione dell’impresa, e rappresenta ad oggi, post riforma, la via quasi obbligata prima di procedere ad una soluzione “demolitrice” dell’impresa.

Requisiti di ammissibilità

L’art. 85 del Codice della Crisi d’Impresa individua quelli che sono i requisiti, soggettivi ed oggettivi, per l’accesso alla procedura del concordato preventivo.

In termini soggettivi, è necessario che i debitori che vogliono accedere al concordato preventivo siano imprenditori commerciali (collettivi od individuali), oppure soggetti a liquidazione giudiziale, così come definitivo dall’art. 2, comma 1, lett. a) e b), del Codice della Crisi d’Impresa e di Insolvenza.

Non sono invece soggetti alle disposizioni sul concordato preventivo gli imprenditori (agricoli o di imprese minori) che:

  • hanno avuto, nei tre servizi antecedenti la data di deposito dell’istanza o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore a 300.000 euro;

  • hanno realizzato nello stesso periodo dei ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore a 200.000 euro;

  • hanno un ammontare di debiti non superiore a 500.000 euro;

In termini oggettivi poi, necessario per accedere alla procedura deve essere poi “lo stato di crisi” dell’impresa. Tale crisi, così come da varie pronunce di giurisprudenza sul tema (vedi, Trib. Pescara 13/10/2005, in “Il Diritto Fallimentare”, n.1, anno 2006, pg. 134 e ss.) può avere natura finanziaria, economica o patrimoniale e può essere dovuta a fattori endogeni o esogeni dell’impresa stessa.

Domanda di accesso al concordato preventivo

In forza di quanto previsto dal combinato disposto ex art. 40 e 44 del Codice della Crisi d’Impresa e di Insolvenza, la domanda di accesso al concordato preventivo si propone con ricorso da depositarsi avanti al Tribunale del luogo in cui il debitore ha il centro principale dei suoi interessi.

Alla stessa vanno allegati:

  • una specifica documentazione, ossia una relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa, uno stato analitico ed estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione (privilegi, pegni, ipoteche), l’elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore, il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili;

  • un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta.

Il piano e la documentazione devono essere accompagnati da una relazione redatta da un professionista (nella specie un ragioniere, un commercialista, un avvocato regolarmente iscritto all’albo anche dei revisori contabili se occorre), che certifichi con chiarezza la regolarità dei dati forniti e la fattibilità del piano.

Essa è poi comunicata al Pubblico Ministero ed è pubblicata, a cura del cancelliere del Tribunale, nel registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito in cancelleria.

Contenuto del piano di concordato e suddivisione in classi

Ai sensi dell’art. 160 L.F. L’imprenditore commerciale in stato di crisi o di insolvenza rientrante nei requisiti dimensionali necessari, può proporre ai creditori un concordato preventivo sulla base di un piano che preveda:

a) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti. Ciò potrà avvenire attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo o altre operazioni straordinarie, inclusa l’attribuzione ai creditori di azioni, quote oppure obbligazioni. Il piano dunque dovrà evidenziare attraverso una relazione, in modo sintetico, gli interventi a breve, medio e lungo termine che l’imprenditore intende attuare sulla struttura finanziaria ed economica dell’impresa per attuare tale piano;

b) l’attribuzione delle attività dell’impresa interessata dalla proposta di concordato ad un assuntore; la norma precisa che possono costituirsi come assuntori anche creditori o le società da questi partecipate o da costruire nel corso della procedura, le cui azioni sono destinate ad essere attribuite ai creditori per effetto del concordato. Tale istituto si caratterizza dunque per la presenza di due elementi essenziali: I) l’accollo da parte dell’ assuntore degli obblighi concordatari; II) la cessione delle attività imprenditoriali a tale soggetto;

c) l’eventuale suddivisione dei creditori ai “classi” secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei (per maggiori info vedi Cass. n. 2706/2009), con trattamenti differenziati a seconda dei creditori appartenenti a “classi” diverse.

Il criterio della “posizione giuridica” impone, in linea generale, di tener presente nella formazione delle classi, il grado di protezione del credito secondo le tradizionali categorie di creditori pre-deducibili (privilegiati speciali, privilegiati generali, chirografari e postergati).

Il concetto di “interessi economici omogenei” invece, implica che il trattamento stabilito per ciascuna classe non può alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione. Ne consegue dunque che non può essere ammissibile una proposta che raggruppi in una unica classe, senza distinzione, creditori aventi grado di privilegio differenti.

Effetti della presentazione della domanda di concordato.

Gli effetti prodotti dal concordato si verificano “durante la procedura”; primo aspetto da considerare concerne, quindi, la determinazione del momento iniziale e di quello finale del decorso degli effetti sostanziali del concordato preventivo.

Con riguardo al momento iniziale, è l’art. 161, 5° comma della L.F. In individuare esso con la pubblicazione del concordato nel Registro delle Imprese. Facendo ciò si individuerà anche tale momento come il confine tra creditori concorsuali e non.

Non vi sono invece difficoltà con riguardo all’individuazione del momento finale. L’art. 168 L.F. Stabilisce infatti che gli effetti decorrono fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo.

Per quanto concerne invece gli effetti del concordato nei confronti del debitore, il debitore conserva difatti l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’impresa sotto la vigilanza del commissario giudiziale, nel periodo compreso tra la presentazione della domanda di accesso al concordato preventivo e l’omologazione.

In linea di continuità con la disciplina contenuta nella legge fallimentare, si riafferma che sono inefficaci gli atti di straordinaria amministrazione compiuti senza l’autorizzazione del Giudice delegato, ed in particolare:

  • i mutui, anche sotto forma cambiaria;

  • le transazioni;

  • i compromessi;

  • la vendita di beni immobili;

  • la vendita di partecipazioni societarie di controllo;

  • le concessioni di ipoteche o di pegno;

  • le fideiussioni;

  • le rinunzie alle liti;

  • le ricognizioni di diritti di terzi;

  • le cancellazioni di ipoteche;

  • le restituzioni di pegni;

  • le accettazioni di eredità e di donazioni;

  • la cessione e l’affitto di azienda o di rami di azienda;

Si precisa dunque che tali operazioni, in mancanza dell’autorizzazione del Tribunale, risulteranno inefficaci. Il Giudice potrà comunque stabilire una cifra sotto la quale, anche tali tipi di atti, potranno essere compiuti anche in assenza dell’autorizzazione.

L’alienazione e l’affitto di azienda, di rami di azienda e di specifici beni autorizzati debbono inoltre essere effettuate tramite procedure competitive, previa stima ed adeguata pubblicità, ciò al fine di assicurare la trasparenza della procedura ed il miglior risultato possibile per i creditori.

Essi inoltre, qualora compiuti in assenza di autorizzazione, potranno comportare, come sanzione, la revoca dell’ammissione alla procedura concordataria.

Autorizzazione al pagamento dei crediti regressi.

L’ art. 100 del Codice della Crisi d’Impresa, consente inoltre (eccezionalmente) al debitore di poter chiedere al Tribunale di essere autorizzato a pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi, così come già era previsto dall’art. 182 quinques L.F..

La richiesta può essere proposta con la domanda di accesso alla procedura di concordato preventivo in continuità aziendale ed ad essa va allegatala relazione di un professionista indipendente, il quale deve attestare che le prestazioni di beni o servizi:

  • sono essenziali alla prosecuzione dell’attività di impresa;

  • sono funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori;

L’ art. 100 del Codice precisa inoltre che l’attestazione del professionista non è necessaria nel caso di pagamenti effettuati fino a concorrenza dell’ammontare di nuove risorse finanziarie che vengano apportate al debitore senza obbligo di restituzione o con obbligo di restituzione postergato rispetto alla soddisfazione dei creditori.

La disposizione rappresenta una eccezione al principio della par condicio creditorum ed essa appare giustificata dall’opportunità di consentire al debitore di indurre i fornitori strategici di beni o servizi indispensabili per la gestione dell’impresa ad aderire alla richiesta di ulteriori forniture con la prospettiva di ottenere anche l’immediato e integrale pagamento di quelle pregresse.

Votazione del concordato preventivo

Diversamente dalla precedente disciplina regolata dalla Legge Fallimentare, che prevedeva l’adunanza dei creditori fatta ad opera del Commissario Giudiziale, quella attuale, prevista dall’art. 107 del Codice della Crisi d’Impresa prevede il voto per via telematica, ossia mediante posta elettronica certificata (PEC).

La votazione ha ad oggetto le proposte presentate:

  • dal debitore;

  • dai creditori, seguendo, per queste ultime, l’ordine temporale del loro deposito.

È affidato al Giudice delegato il compito di regolare con proprio decreto l’ordine e l’orario delle votazioni.

In ragione del fatto che è possibile modificare le proposte di concordato fino a 20 giorni prima del termine stabilito per il voto, l’art. 107 del Codice della Crisi d’Impresa prevede che il Commissario Giudiziale deve illustrare la propria relazione e le proposte definitive del debitore e dei creditori, laddove eventualmente presentate, almeno 15 giorni prima della data iniziale stabilita per la votazione.

La relazione del commissario giudiziale va pertanto:

  • comunicata ai creditori, al debitore e tutti gli altri interessati;

  • depositata nella cancelleria del Giudice delegato;

Il commissario giudiziale deve inoltre allegare alla relazione anche l’elenco dei creditori legittimati al voto con l’indicazione dell’ammontare per cui sono ammessi alla votazione.

Il debitore, coloro che hanno formulato proposte alternative, i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso, nonché i creditori possono difatti formulare osservazioni e contestazioni almeno 15 giorni prima della data della votazione.

I creditori possono infatti esporre le ragioni per le quali non ritengono ammissibili o convenienti le proposte di concordato, oppure sollevare contestazioni sui crediti concorrenti;

Il debitore ha invece la facoltà di replicare e contestare i crediti oppure esporre le ragioni per le quali ritiene non ammissibili o non fattibili le eventuali proposte concorrenti;

Il commissario giudiziale, a questo punto:

  • deve comunicare ai creditori, al debitore e a tutti gli altri interessati le osservazioni e contestazioni pervenute ed informare il Giudice delegato.

  • depositare la propria relazione definitiva;

  • comunicare la relazione definitiva ai creditori, al debitore ed agli altri interessati, 5 giorni prima della data iniziale stabilita per la votazione;

È dunque necessario che il voto favorevole venga manifestato in modo espresso, così che il proponente non possa avvantaggiarsi dell’eventuale inerzia dei creditori.

Omologazione del concordato

Posto che sia tuttavia possibile che il Tribunale decida di non omologare il concordato, ed in questo caso viene dichiarata con sentenza, su ricorso di uno dei soggetti legittimati, l’apertura della liquidazione giudiziale, nel caso di approvazione del concordato da parte dei creditori, il Tribunale fissa l’udienza in camera di consiglio per la comparizione delle parti e del Commissario Giudiziale.

Il provvedimento va iscritto presso l’Ufficio del Registro delle Imprese e notificato, a cura del debitore, al Commissario Giudiziale e agli eventuali creditori dissenzienti.

I creditori dissenzienti e qualsiasi altro interessato possono proporre opposizione con memoria depositata nel termine perentorio di almeno 10 giorni prima dell’udienza, formulando contestazioni circa la convenienza della proposta di concordato.

Il Commissario Giudiziale dovrà a sua volta depositare il proprio parere motivato almeno 5 giorni prima dell’udienza.

Il debitore può invece depositare memorie fino a 2 giorni prima dell’udienza.

Preso atto dei rilievi formulati dal Commissario Giudiziale, il Tribunale deve verificare:

  • la regolarità della procedura;

  • l’esito della votazione;

  • l’ammissibilità giuridica della proposta e la fattibilità economica del piano.

Il Tribunale, esaurita questa fase di verifica e previa assunzione dei mezzi istruttori ritenuti necessari, provvede, con sentenza, sulla domanda di omologazione del concordato.

È opportuno evidenziare che il Tribunale può decidere di omologare il concordato, nonostante il dissenso dei creditori, qualora ritenga che il credito possa risultare soddisfatto in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale.

L’omologazione può essere accordata anche in presenza di contestazioni provenienti da un creditore dissenziente appartenente a una classe dissenziente ovvero da un numero di creditori dissenzienti che rappresentano il 20% dei crediti ammessi al voto.

Le somme spettanti ai creditori contestati, condizionali o irreperibili debbono essere depositate nei modi stabiliti dal Tribunale che fissa altresì le condizioni e le modalità per lo svincolo.

La sentenza di omologazione del concordato va dunque notificata ed iscritta nel Registro delle Imprese.

Essa produce i propri effetti dalla data della pubblicazione ai sensi dell’art. 133, comma 1, del Codice di Procedura Civile.

Gli effetti nei riguardi dei terzi si producono invece dalla data di iscrizione nel Registro delle Imprese.

La procedura di concordato preventivo si chiude pertanto con la sentenza di omologazione così come previsto dall’ art. 48 del Codice della Crisi d’Impresa.

La disciplina della procedura di concordato preventivo è contenuta nella Legge Fallimentare ed è stata più volte rivisitata negli ultimi anni da parte del legislatore con interventi mirati a favorire il superamento della crisi d’impresa. Tra questi, gli ultimi correttivi in ordine di tempo sono avvenuti con l’emanazione del D.lgs. 26 ottobre 2020, n. 147.

Con questi, il nostro Legislatore ha introdotto importanti disposizioni integrative e correttive al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14.

Per un più approfondito studio delle varie modalità con le quali accedere a tale Istituto si segnalano :

  • “Crisi d’impresa e crisi del contratto al tempo dell’emergenza sanitaria, tra autonomia negoziale e intervento del giudice”, Rivista Trimestrale di Diritto e Procedura Civile, fasc.2, 1 Giugno 2021, pag. 349 ;

  • “La nuova disciplina del concordato preventivo”, Zanichelli, 2019;

  • “La competitività nel concordato preventivo”, Giappichelli, 2019;

  • Fallimento e Crisi d’Impresa”, Ipsoa, 2019.

A seguire le ultime pronunce Giurisprudenziali sul tema:

  • Cassazione civile sez. I, 28/04/2021, n.11216 – Concordato preventivo e verifica della sussistenza dei requisiti per raggiungere gli obiettivi prefissati;

  • Tribunale Padova sez. II, 30/03/2021 – Domanda di concordato preventivo ed effetti sulle ipoteche giudiziali iscritte sui beni dei soci di una s.n.c.;

  • Tribunale Monza sez. I, 26/03/2021, n.677 – Concordato preventivo: i creditori non possono esercitare le azioni esecutive, ma solo quelle di accertamento e di condanna;

  • Corte appello Milano, 17/11/2020, n.3409 – Dopo la presentazione di una domanda di concordato con riserva, l’imprenditore può compiere, senza necessità di autorizzazione del Tribunale, solo gli atti di ordinaria amministrazione;

  • Cassazione civile sez. VI, 14/09/2020, n.19007 – Presupposti e differenze tra revoca e risoluzione del concordato preventivo.

 

TRANSAZIONE FISCALE CON L’AGENZIA DELLE ENTRATE

Primo aspetto da chiarire è cosa sia il “cram down fiscale”. Esso consiste nella mancata adesione di un creditore al piano di risanamento dei debiti. Tante volte tale mancata adesione si verifica da parte del fisco il quale sceglie di non aderire ai piani di ristrutturazione e procede con l’invio di cartelle esattoriali.

Ebbene, la sentenza della Corte di Cassazione n. 8504 del 2021 è figlia di un rivolgimento normativo che si è venuto a verificare lo scorso anno.

Il 20 novembre 2020 entra in vigore il d.lgs. n. 147 del 2020 (volgarmente detta legge “salva suicidi”) che corregge alcune norme del Codice della crisi e soprattutto interviene sull’art. 48, comma 5, in tema di concordato e accordi di ristrutturazione dei debiti coattivi a carico della Agenzia delle entrate e degli enti previdenziali.

Tale norma, infatti, prevede che il tribunale, quando la mancata adesione o il mancato voto da parte dell’Agenzia è decisivo, possa omologare il concordato preventivo o l’accordo di ristrutturazione purché ne valuti il miglior soddisfacimento per i creditori rispetto alla alternativa liquidatoria.

In sede di conversione del D.L. n. 125 del 2020, entrato in vigore il 4 dicembre 2020, l’art. 48 comma 5, CCII è stato inserito nella legge fallimentare interpolando gli artt. 180 e 182 bis.

L’ordinanza delle Sez. Unite della S.C. Di Cassazione n. 8504 del 2021 trattava un regolamento preventivo di giurisdizione in cui, a fronte di un accordo di ristrutturazione dei debiti proposto nel 2018 da un gruppo di società, l’Agenzia delle entrate aveva manifestato il proprio diniego espresso rifiutando di aderire all’accordo, impedendo quindi la possibilità di omologa da parte del Tribunale.

Il debitore ha proposto allora ricorso in commissione tributaria per accertare la illegittimità del diniego espresso dalla Agenzia delle entrate.

Le Sezioni Unite hanno stabilito che il Giudice fallimentare, in forza della norma introdotta dal d.l. n. 125 del 2020 e poi dall’art. 48, comma 5, Cod. Della Crisi d’Impresa, può sindacare non solo la valutazione di convenienza o meno rispetto alla alternativa liquidatoria della scelta dell’Agenzia, ma anche qualsivoglia vizio di legittimità, ivi compresa la violazione di legge.

Tale giudizio di convenienza può legittimamente essere reso dal tribunale quando si accerti, anche sulla base dell’attestazione, l’assoluto vantaggio per il creditore pubblico (Agenzia delle Entrate) del pagamento parziale proposto rispetto all’alternativa fallimentare.

Ne consegue che il creditore pubblico, qualora accertata dal giudice, non potrà sottrarsi all’alternativa concordataria.

PAGINA IN CONTINUO AGGIORNAMENTO A CURA DI:

Avv. Domenico Trimboli, sede di Genova

Avv. Davide Bertolini