Diritto alla salute
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
L’art. 32 della Costituzione riconosce la “salute” come diritto fondamentale dell’individuo che deve essere garantito a tutti (cittadini italiani e stranieri).
Da ciò derivano precise conseguenze giuridiche: esso è inalienabile, intrasmissibile, indisponibile e irrinunciabile; è un diritto valevole non solo per i cittadini italiani ma anche per gli stranieri.
Un diritto, quindi, che costituisce un precetto immediatamente cogente per la stessa Repubblica che lo riconosce e garantisce, sia come diritto del singolo, sia come interesse della collettività.
Lo Stato, in altri termini, deve assicurare l’accesso alle “cure”- prestazioni che, a seconda dell’opzione legislativa, possono essere gratuite, compartecipate o a carico del destinatario- a chiunque.
La costituzione non definisce, però, cosa si intenda per salute.
A questa lacuna sopperiscono fonti extranormative (tra le altre, i rapporti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità), secondo le quali è “salute” lo stato di benessere fisico e psichico dell’individuo, espressione di normalità strutturale e funzionale dell’organismo considerato nel suo insieme.
Il concetto di salute non corrisponde, pertanto, alla semplice assenza di malattie o di lesioni evolutive in atto, ma esprime una condizione di complessivo benessere.
Si tratta, quindi, di un diritto che sottende numerosi altri diritti socio-economici, tra cui ad esempio l’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici adeguati e il diritto a condizioni di lavoro sane e ottimali.
La salute è, inoltre, un diritto poliedrico per le innumerevoli situazioni soggettive ad esso correlate.
Tra le altre, la più importante è sicuramente la tutela dell’integrità psico-fisica.
Per garantire sostanzialmente l’accesso e l’esercizio di tale diritto è, tuttavia, necessario predisporre degli strumenti attuativi.
In Italia, il primo strumento normativo che ha reso effettivo l’esercizio del diritto alla salute, con lo scopo preciso di garantire a tutti i cittadini, in condizioni di uguaglianza, l’accesso universale all’erogazione equa delle prestazioni sanitarie, è stato il Servizio Sanitario Nazionale, istituito dalla legge n. 833 del 1978.
I principi fondamentali su cui si basa il SSN, conformemente alle fonti nazionali e sovranazionali intervenute in materia (art. 32 Cost; art. 12 Dichiarazione Onu; art.35 Carta di Nizza; artt. 2-3-8 CEDU) sono l’universalità, l’uguaglianza e l’equità.
L’esperienza concreta insegna però che l’uguaglianza non è un concetto sempre praticabile, soprattutto a seguito della pandemia che ha travolto il mondo intero.
Molte categorie di soggetti (tra cui, in particolare, i senza fissa dimora) non hanno, infatti, la possibilità di godere del diritto alla salute e di iscriversi al SSN, perché spesso carenti dei relativi presupposti.
Tra questi, di centrale rilevanza è il diritto alla residenza, barriera all’ingresso per il godimento del diritto alla salute.
Guardando ai nostri assistiti è utile precisare che attualmente:
– gli stranieri non comunitari con regolare permesso di soggiorno hanno obbligo o facoltà (a seconda della tipologia di permesso di soggiorno) di iscriversi al SSN dietro presentazione di alcuni documenti, tra cui la residenza o la dichiarazione di effettiva dimora;
– gli stranieri senza regolare permesso di soggiorno (Stranieri Temporaneamente Presenti – STP) non possono iscriversi all’SSN, ma accedono alle cure ambulatoriali urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia e infortunio, oltre che ai programmi di medicina preventiva, attraverso il rilascio di un tesserino con codice individuale STP;
– gli stranieri comunitari, invece, se hanno diritto all’iscrizione al SSN, possono presentare autocertificazione di residenza o dichiarazione di effettiva dimora, mentre se hanno diritto all’iscrizione volontaria, è necessaria la residenza e la dichiarazione di possedere risorse economiche sufficienti;
– gli stranieri comunitari senza TEAM (Tessera Europea di Assicurazione Malattia), privi di attestazione di diritto di soggiorno, nonché di requisiti per l’iscrizione al SSN, accedono alle sole prestazioni sanitarie urgenti o essenziali, ancorché continuative, per malattia e infortunio, oltre che ai programmi di medicina preventiva, attraverso il rilascio un tesserino con codice individuale – ENI (Europeo Non Iscrivibile);
– gli stranieri comunitari con TEAM, in temporaneo soggiorno in Italia, hanno diritto alle prestazioni sanitarie attraverso la TEAM in loro possesso, ma non possono iscriversi al SSN.
È evidente, allora, che l’appartenenza ad una di queste categorie determina una discriminazione che si traduce nell’impossibilità di godere di un diritto fondamentale.
Alla disomogeneità tra riconoscimento formale e universalità sostanziale cercano di porre rimedio recentissimi interventi normativi, soprattutto regionali (alla luce della competenza in materia sanitaria a tali enti attribuita dall’art. 117 Cost.)
Un segnale importante sul punto è giunto il 22 luglio 2021 dalla regione Emilia Romagna, che ha approvato un progetto di legge che consente alle persone senza fissa dimora di avvalersi del medico di base anche se sprovvisti di residenza effettiva o fittizia sul territorio regionale.
Grazie a questa legge anche le persone senza dimora possono vedere riconosciuto concretamente il loro diritto alla salute, iscrivendosi presso le liste Ausl.
In questo modo si riducono le disuguaglianze e si afferma che il diritto alla salute non è subordinato al censo.
L’Emilia-Romagna si presenta come apripista di un modello sanitario inclusivo e solidale, al momento imitato anche da altre Regioni (ad esempio Puglia e Campania), che si spera sia seguito in tutto il territorio nazionale, affinché si possa arrivare a ribadire ciò che dovrebbe essere un’ovvietà: se un diritto non vale per tutti, non è un diritto, è un privilegio.
– ART 32 Cost;
– ART. 117 Cost;
– ART. 12 Dichiarazione Onu
– ART.35 Carta di Nizza
– ARTT. 2-3-8 CEDU
– L. N. 833/1978
– L. 219/2017;
– Circolare Ministero Sanità 2000: Disposizioni sull’assistenza sanitaria agli stranieri immigrati
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Corte cost. 1975 n.112, con la quale viene affermato il carattere programmatico dell’art.32 Cost.;
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Corte cost. 1977 n.103, importante nell’affermare il diritto alle cure, alla scelta del medico e del luogo di cura e il diritto a rifiutare le stesse;
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Corte cost. 1979 n.88, riguardo la possibilità di operare anche nei rapporti tra privati cittadini. Con tale pronuncia si ebbe l’inequivocabile riconoscimento del diritto alla salute come un “diritto primario ed assoluto da ricomprendere tra le posizioni soggettive direttamente tutelate dalla Costituzione”, ribadito e precisato dalla sentenza Corte cost. 1986 n.184 in tema di danno biologico. Nella sentenza la risarcibilità deriva da una violazione della primaria norma desunta dal combinato disposto degli artt.32 Cost. e 2043 c.c. e dalla presunta lesione del bene giuridico salute;
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Corte cost. 2003 n.233 del 2003, con tale pronuncia la Corte si è preoccupata di definire non solo il cosiddetto danno “esistenziale”, ma ha fornito una definizione di “danno morale soggettivo”, come turbamento dello stato d’animo della vittima; per finire con la definizione del “danno biologico”, il quale è considerato quale lesione dell’interesse all’integrità psichica e fisica della persona;
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Corte cost. 1987 n.173 viene riconosciuto il diritto a ricevere cure gratuite nelle strutture pubbliche ed in quelle private convenzionate con diritto al rimborso da parte del SSN;
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Corte cost.1990 n.455, ha portato il diritto alla salute ad esser definito quale diritto “finanziariamente condizionato”. Il legislatore nel destinare risorse e mezzi per il settore sanitario, è tenuto ad operare un bilanciamento con altri interessi protetti dalla Costituzione. Altro limite, è il rispetto dignità della persona dato che, le esigenze finanziarie, non possono comprimere “il nucleo essenziale del diritto connesso alla dignità della persona”;
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Corte cost 2001 n.252, in tema di titolarità del diritto alla salute, sottolinea la necessità, anche nei confronti dello straniero, di garantire il rispetto dei diritti fondamentali facendo leva sul dato testuale dell’art.32, il quale espressamente parla di “individuo” e non di “cittadino italiano” .
– D. Morana, La salute come diritto costituzionale. Lezioni, Seconda edizione, Torino, Giappichelli, 2013;
– G. Majani, Introduzione alla psicologia della salute, Erickson, 2013;
– A. Simoncini, E. Longo, in Commentario alla Costituzione, Rapporti etico-sociali, art.32, R. Bifulco , A. Celotto M. Olivetti (a cura di), Torino, 2006;
– A. De Cupis, Integrità fisica, in Enc. Giur., XVII, Roma, 1989;
– S. Barbareschi, Tecniche argomentative della Corte Costituzionale e tutela dei diritti sociali condizionati. Riflessioni a partire dal diritto alla salute, in federalismi.it, fasc. n. 13, 2018;
– A. Pace, Libertà personale (dir.cost.), in Enc. Dir., XXIV, Milano, 1974;
– A. Barbera, I principi costituzionali della libertà personale, Vol. 56, Milano, Giuffrè, 1971;
– D. Vincenzi Amato, in Commentario della Costituzione (a cura di) Giuseppe Branca, Rapporti etico-sociali, artt. 29-34, Bologna, Zanichelli, 1976;
1 Leggi l’articolo di approfondimento: Perché è importante parlare di diritto alla salute?
2. Leggi l’articolo di approfondimento: La valorizzazione del diritto alla salute nella nuova protezione speciale
3. Leggi l’articolo di approfondimento: Come richiedere il Green Pass in mancanza di iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale o Tessera Sanitaria
4. Guarda ilWEBINAR “il diritto alla salute, quella di tutti”, organizzato da Avvocato di strada Torino con la partecipazione della dott.ssa Galmozzi
5. Il consenso informato e le D.A.T
Il diritto alla salute implica anche il suo contenuto negativo come diritto a non voler sottoporsi a cure. Importante in tal senso è la libertà della scelta terapeutica (“autodeterminazione” del singolo). Il rapporto tra medico e paziente deve essere un rapporto di cooperazione tra due soggetti in cui in caso di contrasto tra le due volontà deve riconoscersi sempre, ove possibile, prevalenza delle volontà del malato.
Il consenso non può mai ritenersi presunto e deve essere continuato, dovendosi richiedere per ogni singolo atto diagnostico rischioso.
Il principio del consenso informato ha trovato riconoscimento nella Carta dei diritti fondamentali dell’uomo, all’art.3: “il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalità definite dalla legge”.
La nostra Costituzione lo ha accolto grazie alla clausola dell’art.2, ma anche grazie all’art.13 dove afferma che “la libertà personale è inviolabile”, oltre che al già citato art.32, co 2.
A livello ordinario, di rilevante importanza è la legge n.219 del 2017, titolata “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”.
Elemento fondamentale della nuova legge è il diritto ad essere informato e il diritto di rifiutare la comunicazione di queste informazioni o di indicare una persona di fiducia che possa riceverle ed esprimere consenso in vece del paziente. Altro elemento importante è la pianificazione delle cure che assicura la coerenza con i valori dell’individuo stesso.
PAGINA IN CONTINUO AGGIORNAMENTO A CURA DI:
dott.ssa Miriam Pastoressa, sede di Foggia
dott.ssa Carlotta Gregori, sede di Bologna
Avv. Alessandra Morleo