Proposta di legge di riforma dell’art. 19 terzo comma della legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale

Senza l’iscrizione anagrafica non è possibile avere un medico di base: è questo quello che ci dice il terzo comma dell’art. 19 della legge n. 833/1978 (legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale). Questa condizione prevista dalla legge, però, impedisce l’accesso alle cure mediche a tante persone senza dimora che non possono dichiarare la residenza.

In Emilia Romagna, su sollecitazione di Avvocato di Strada e di altre associazioni, è stata approvata, la legge regionale 29 luglio 2021 n. 10 per garantire, con fondi regionali, un medico di base alle persone senza dimora e senza residenza.

La suddetta legge è definita “legge Mumolo” dal nome del Consigliere Regionale proponente e primo firmatario della stessa, nonché Presidente di Avvocato di Strada ODV.

La legge Mumolo all’art 1, dispone che: “Al fine di assicurare l’esercizio del diritto all’assistenza sanitaria, la Regione Emilia-Romagna, nell’ambito della propria potestà di organizzazione del Servizio sanitario regionale, riconosce ai cittadini italiani

senza dimora e non residenti in Paesi diversi dall’Italia, privi di qualsiasi assistenza sanitaria, la possibilità di iscriversi nelle liste degli assistiti delle aziende USL del territorio regionale, e di effettuare la scelta del Medico di Medicina Generale (MMG o medico di famiglia), nonché di accedere alle prestazioni garantite dai LEA per i cittadini italiani residenti in Italia”.

In Emilia-Romagna, con l’approvazione della suddetta legge regionale, tutti i cittadini italiani senza dimora e senza residenza potranno avere il medico di base.

Il diritto ad avere un medico di base rappresenta un  traguardo importante perché ci sono molti italiani che ne sono privi in quanto senza residenza.

La legge n. 833 del 1978 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, all’art. 19 terzo comma, infatti, lega l’assegnazione del medico di base al possesso della residenza.

Non tutte le persone che vivono in Italia, però, hanno la residenza poiché in alcune situazioni l’iscrizione anagrafica può essere ostacolata da norme nazionali, atti amministrativi o regolamenti locali.

Casi principali in cui non è possibile dichiarare la residenza

  • I regolamenti degli alloggi pubblici consentono di dichiarare la residenza solo agli assegnatari degli alloggi. Per tale ragione, una persona, finita in strada, che viene ospitata da un amico/parente che vive in un alloggio dell’edilizia residenziale pubblica non potrà ottenere la residenza in quell’alloggio;
  • L’art 5 del decreto legge 28 marzo 2014, n. 47 (Decreto Lupi) vieta a chiunque occupi abusivamente un immobile di dichiarare la residenza in quel luogo. Per cui una persona sfrattata e finita in strada che trovi alloggio in un immobile occupato non potrà richiedere l’iscrizione anagrafica in quell’alloggio;
  • Ci sono amici/parenti disposti ad ospitare una persona finita in strada, ma non altrettanto disponibili  a dar il consenso per procedere con la richiesta di residenza nella loro casa. Questa scelta dei proprietari di casa è spesso volta ad  evitare le conseguenze negative che la legge ricollega al pignoramento sui beni mobili presenti in casa; nell’eventualità di indebitamento dell’ospitato, infatti, il pignoramento, per una presunzione legale, colpisce i beni che sono di proprietà di tutti coloro che risiedono in un appartamento e quindi anche quelli di proprietà dell’ospitante.

Non sempre i Comuni riconoscono la residenza alle persone senza dimora

La residenza, pur essendo un diritto soggettivo, non sempre viene riconosciuta. Può capitare, infatti, che alcuni Comuni, interpretando la relativa normativa a loro piacimento, non la concedano con le più varie motivazioni, privando le persone senza dimora dei diritti ad essa collegati.

In tutte queste situazioni, per legge o per decisione dei Comuni, la persona senza dimora non avrà la residenza e, quindi, non potrà usufruire della funzione filtro garantita dal medico di base per l’assistenza farmaceutica, per le prestazioni specialistiche e per l’assistenza ospedaliera.

Cosa succede quando una persona non ha la residenza: le persone invisibili

Senza residenza si diventa invisibili: non si può lavorare, si perdono i diritti previdenziali, si perde il diritto al voto, il diritto ad usufruire del welfare locale, si perde il diritto alla salute.

Sarebbe auspicabile avere un testo unico relativo alla residenza o un atto amministrativo del Ministero dell’Interno che dia indicazioni ai Prefetti e ai Sindaci su come vadano interpretate le norme attuali in modo da rendere uniforme l’applicazione della legge sulla residenza in tutto lo Stato.

La persona senza dimora, senza residenza e quindi senza medico di base non potrà accedere ai servizi sanitari territoriali del Sistema Sanitario Nazionale quali Centri di Salute Mentale, Servizi per le Tossicodipendenze, Consultori.

Per le persone senza dimora prive di residenza l’assistenza medica è offerta dagli ambulatori gestiti dai medici volontari, ove presenti nel territorio, mentre l’assistenza ospedaliera si limita a fornire prestazioni del pronto soccorso e dell’emergenza sanitaria.

In questo contesto non trova attuazione l’art. 32 della Costituzione che recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti”.

Mancato accesso alle prestazioni sanitarie e pregiudizio alla salute della collettività

Il mancato accesso alle prestazioni sanitarie comporta non solo un grave pregiudizio alla salute della persona, ma anche un pregiudizio per il diritto alla salute come interesse della collettività.

Il Covid ci ha insegnato che il diritto alla salute è un diritto collettivo ed è interesse della collettività che tutti possano curarsi.

Tale pregiudizio per la collettività si registra anche quando le persone senza dimora e senza residenza, non potendo rivolgersi al medico di base per accedere tramite esso ad una prestazione specialistica, devono andare al pronto soccorso; ciò comporta un sovraccarico di queste strutture e anche prestazioni più onerose per lo Stato. Basti pensare che un medico di base costa circa 70 euro l’anno per ogni paziente, mentre un solo accesso al pronto soccorso per una persona che non ha un medico di base costa in media 250 euro.

Alla luce di queste considerazioni appare chiaro che, anche per ridurre i costi complessivi della sanità, è più vantaggioso assegnare a tutte le persone senza dimora e senza residenza un medico di base.

In questo senso, seguendo l’esempio pilota della legge Mumolo, altre quattro regioni: la Puglia (L.R. 30 novembre 2021, n. 44), l’Abruzzo (L.R. marzo 2023 n. 14) e la Liguria (L.R. 26 aprile 2023, n. 9) e le Marche (L.R. 9 novembre 2023, n. 99) hanno approvato all’unanimità lo stesso testo adottato dall’Emilia Romagna ; si tratta di un dato importante perché rivelatore di una norma che incontra il favore di tutte le forze politiche.

La scelta del medico di base secondo la legge Mumolo: quanto dura

La scelta del medico di base ha validità annuale e saranno i Servizi Sociali, in collaborazione con i soggetti del Terzo Settore, ad accertare la condizione di senza fissa dimora provvedendo sia all’identificazione della persona che all’avvio degli adempimenti necessari per la scelta del medico di base.

Si avverte, però l’esigenza di una legge dello Stato che garantisca a tutte le persone senza dimora, prive della residenza anagrafica in Italia o all’estero che soggiornano regolarmente nel territorio nazionale, il diritto ad avere il medico di base.

Chi beneficerebbe di una riforma nazionale che modifichi l’art. 19 terzo comma della legge 23 dicembre 1978, n.833 e i relativi costi

I possibili beneficiari della futura legge nazionale sono, chiaramente, le persone senza dimora prive di residenza che, secondo le stime redatte da Istat, Fio.PSD, Caritas o predisposti per il PNRR, sarebbero 60.000. Occorrerebbero, per la copertura economica della suddetta legge, circa 4,2 milioni di euro all’anno, cioè quanto risulta dalla moltiplicazione del numero delle persone senza dimora (appunto 60.000) per 70 euro, cioè il costo per persona del medico di base.

Tale cifra verrebbe ammortizzata nel giro di pochi anni, avendo effetti favorevoli sul decongestionamento di reparti di pronto soccorso e permetterebbe il sostanziale rispetto dell’art 32 della Costituzione.

In virtù di queste considerazioni appare chiaro che, per ridurre i costi complessivi della sanità sia più vantaggioso assegnare a tutte le persone senza dimora un medico di base su tutto il territorio nazionale. Pertanto, è auspicabile che, al più presto, si apra un dibattito pubblico che renda possibile l’approvazione, a livello nazionale, della legge di riforma presentata alla Camera dei deputati.

APPROFONDIMENTI

  • Relazione copertura economica proposta di legge “Modifica all’art. 19 della legge 23 dicembre 978, n. 833 e altre disposizioni in materia di assistenza sanitaria per le persone senza dimora” AC 433
  • Non esistono cause perse gli avvocati e la strada, Antonio Mumolo e Giuseppe Baldessarro edizione Intra, 2023
  • Senza tetto non senza diritti: rapporto di ricerca su residenza anagrafica e persone senza dimora, Avvocato di strada, 2019.
  • Fine pena: la strada misure alternative e persone senza dimora, Avvocato di strada, 2020.

Avv. Luciana Senatore

Avv. Luciana Senatore

Volontaria Avvocato di strada Bologna