È legittimo che la legge punisca il comportamento di chi occupa abusivamente un edificio abbandonato quando questa si presenta come l’unica possibilità di avere un’abitazione?

È questa la domanda che si pone il Tribunale di Firenze nel valutare la responsabilità di quattro persone accusate di aver occupato un immobile in stato di grave e protratto abbandono. L’invasione abusiva di edifici è un reato previsto dall’articolo 633 del Codice penale che, tuttavia, non prende in considerazione l’ipotesi di chi occupa un immobile abbandonato per rispondere ad un proprio grave bisogno abitativo.

Il Tribunale fiorentino ha quindi domandato alla Corte costituzionale, Giudice delle leggi dell’ordinamento italiano, se ipotesi come quelle appena descritte meritassero di rimanere fuori dall’applicazione della legge penale e quindi non sanzionate.  

La Corte ha affermato che l’articolo 633 c.p. è conforme alla Costituzione, che tutela il diritto alla proprietà in modo pieno ed effettivo. La norma penale punisce quindi legittimamente chi arreca un danno a questo diritto e al libero godimento dello stesso. 

Tuttavia la Corte precisa che se si agisce perché si ha un imponente bisogno di una casa, lo si fa in modo non violento e si occupa un immobile del cui stato il proprietario non si cura più, la tutela penale potrebbe non risultare più essere giustificata o necessaria. Inoltre, quando il bisogno abitativo è davvero grave e non trova risposta nei servizi sociali di housing messi a disposizione dallo Stato, può essere considerato una “necessità” talmente grave da eliminare il contrasto tra il comportamento e i principi dell’ordinamento. 

Le circostanze concrete hanno quindi una forte incidenza e saranno oggetto dell’esame del giudice competente e potrebbero eventualmente portare, con formule diverse, all’assoluzione dell’imputato.

Nonostante la Corte abbia salvato la norma e tutelato così il diritto di proprietà in modo pieno, questa pronuncia rappresenta un’apertura ad un tema estremamente attuale come quello della crisi abitativa. 

Di seguito il nostro commento alla sentenza, a cura di Elena Lenzi.

Il commento alla sentenza

La questione di legittimità costituzionale in oggetto era stata portata all’attenzione della Consulta con ordinanza di remissione del 17 aprile 2023, n. 74, dalla sezione prima penale, in composizione monocratica, del Tribunale di Firenze, che aveva ritenuto non manifestamente infondati i dubbi relativi alla compatibilità con i principi costituzionali dell’articolo 633 c.p., nella parte in cui questo punisce anche chi invade abusivamente edifici in stato di abbandono perché spinto da una necessità abitativa grave. La Corte ha risolto la questione con sentenza interpretativa di rigetto, n. 28 del 2024, depositata il 27 febbraio 2024. 

L’articolo 633 c.p. sanziona infatti chiunque invade terreni o edifici altrui, con multa o reclusione, di entità variabili a seconda del numero di autori del reato e delle modalità con cui esso viene realizzato. La condotta descritta nella norma si riferisce ad un comportamento arbitrario che comporta una lesione del diritto di proprietà altrui, messo in atto contro la volontà del proprietario e in modo non momentaneo.

La posizione del giudice a quo

Il caso de quo è relativo a quattro soggetti, imputati e citati a giudizio per rispondere della commissione di tale reato. Per quanto l’istruttoria dibattimentale abbia dimostrato l’oggettiva commissione della condotta incriminata a carico di almeno tre degli imputati, la situazione di fatto presenta ulteriori elementi rilevanti. Infatti, l’edificio occupato dagli imputati, adibito peraltro ad uso abitativo, era in stato di grave abbandono almeno dall’anno 2000, ed inoltre il liquidatore della società immobiliare proprietaria del bene non era neppure a conoscenza della situazione di occupazione. Quest’ultimo ha appreso tale circostanza solo a seguito dell’intervento delle forze dell’ordine, le quali, agendo per sgomberare l’immobile, avevano constatato la presenza al suo interno di circa sette nuclei familiari, comprensivi anche di bambini in tenera età. I soggetti interessati avevano abbandonato spontaneamente l’immobile nei giorni subito successivi all’intimazione della Polizia di stato.

Data tale condizione di fatto, il Tribunale di Firenze ha ravvisato un contrasto dell’articolo che prevede la fattispecie incriminata con gli articoli 2, 3, 42 e 47 della Costituzione. In particolare, il Tribunale ritiene che sia irragionevole munire i proprietari di immobili occupati anche della tutela penale, oltre a quella civilistica, se questi sono lasciati in stato di grave abbandono. Rinviene quindi un contrasto con i principi costituzionali in quanto, secondo il Tribunale rimettente, “nel caso di immobili per tanto tempo inutilizzati, lasciati in totale stato di abbandono, la funzione sociale scompare” e dovrebbe, di conseguenza, prevalere il diritto all’abitazione, quale diritto fondamentale della persona. Infine, non pare nemmeno possibile un’interpretazione costituzionalmente conforme dell’articolo 633 c.p. per via della reiterata attribuzione di rilevanza penale, operata dalla giurisprudenza, alla condotta di chi occupi, anche se per finalità abitative, un immobile abbandonato.

Le controdeduzioni dell’Avvocatura dello Stato

È, di conseguenza, intervenuta nel giudizio costituzionale, l’Avvocatura dello Stato per il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo la dichiarazione di infondatezza delle questioni sollevate dal Tribunale rimettente. L’Avvocatura ritiene infatti che l’articolo in questione salvaguardi l’inviolabilità del diritto di proprietà, tutelato dalla Costituzione, e di ogni altro rapporto con l’immobile di chi sia interessato all’integrità del bene. A sostengo di questa ricostruzione, l’Avvocatura cita l’interpretazione che la Corte europea dei diritti dell’uomo offre dell’articolo 8 della CEDU: esso non garantisce un accesso indiscriminato ad un’abitazione, ma tutela la pretesa di conservazione di un alloggio di cui l’interessato già disponga. Non trova quindi giustificazione un comportamento arbitrario come quello dell’occupazione abusiva.  

La Corte risponde

La Corte costituzionale non ha ritenuto fondate le questioni sollevate dal Tribunale fiorentino. Secondo la ricostruzione della Consulta, l’articolo 633 c.p. non presenta profili di contrasto con le norme costituzionali citate dal giudice a quo: la norma incrimina infatti una condotta di accesso arbitrario che comporta uno “spoglio funzionale” e che compromette il diritto di proprietà in quanto tale e le relative facoltà di godimento, indipendentemente dalla condizione di utilizzo o di abbandono del bene.

Il principio di offensività nell’occupazione abusiva

Nonostante la norma abbia superato positivamente il vaglio di legittimità costituzionale in astratto, la Corte mette in chiaro che il riferimento principale che l’interprete deve tenere in mente nel valutare il caso concreto è il principio di offensività. Principio cardine e indefettibile di un sistema penale democratico e garantista, esso implica che il reato consista in un’effettiva lesione del bene giuridico che l’ordinamento ritiene di tutelare. Il principio di offensività trova fondamento in diverse norme costituzionali quali l’articolo 13, l’articolo 25, commi 2 e 3, e l’articolo 27, comma 3. 

In casi come quello sottoposto all’attenzione della Consulta, è quindi necessario che il giudice valuti l’offensività in concreto delle condotte messe in atto dagli agenti. Le circostanze che vengono in rilievo a tal fine riguardano lo stato di abbandono in cui versano gli immobili oggetto di invasione abusiva e il bisogno che gli autori delle condotte illecite intendono perseguire, oltre all’esigua permanenza della condotta e le modalità esecutive con cui è stata realizzata. È in quest’ottica che la Corte, nella parte finale della sentenza, ricorda la possibile operatività dell’articolo 131-bis c.p. Quest’ultimo, riconducibile proprio al principio di offensività, configura una causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto nei casi di condotte che non raggiungono un grado di lesività del bene tale da essere considerate perseguibili.

Lo stato di necessità e il bisogno abitativo

La Corte smentisce poi la ricostruzione del Tribunale rimettente nella parte in cui questo esclude la sussistenza di una causa di giustificazione. Spiega infatti la Corte che il bisogno abitativo, quando connotato da gravità, è idoneo a integrare gli estremi dello stato di necessità, disciplinato dall’articolo 54 c.p., che costituisce una causa di giustificazione in grado di escludere l’antigiuridicità della condotta, e quindi la sua contrarietà ai principi del nostro ordinamento.

Il punto nevralgico della questione sta allora nel cercare di inquadrare il bisogno abitativo e capire se quest’ultimo genera un pericolo attuale e concreto tale da integrare suddetto stato di necessità. Sebbene l’idoneità a tal fine di un bisogno transeunte sia pacificamente riconosciuta, ben più controverso è il riconoscimento in questo senso di un bisogno permanente, qual è quello abitativo per sua stessa natura.

È però una consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione, richiamata come diritto vivente dalla Corte costituzionale, che afferma che nel concetto di danno grave alla persona, che si richiede ai fini della sussistenza della causa di giustificazione ora accennata, “non rientrano solo lesioni della vita o integrità fisica, ma anche quelle situazioni che attentano alla sfera dei diritti fondamentali della persona, riconosciuti e garantiti dall’articolo 2 della Costituzione, tra cui rientra anche il diritto all’abitazione”. Questo bisogno può quindi integrare uno stato di necessità che “giustifichi” azioni che altrimenti sarebbero illegittime.

Le conclusioni della Corte costituzionale

La Corte richiede quindi una diligente operazione ermeneutica ad opera del giudice comune, che accerti dapprima l’offensività in concreto dell’invasione abusiva e, qualora questa risulti effettivamente lesiva del bene giuridico in questione, appurare, in un secondo ed eventuale momento, la presenza degli estremi dello stato di necessità, che a sua volta dipende dall’entità del bisogno abitativo sotteso alla condotta così come dalle sue circostanze pratiche. In ambo i casi si apre la strada alla non punibilità delle condotte incriminate.

Il bisogno abitativo, del resto, spesso non trova soluzione nei servizi pubblici e sociali presenti sul territorio ed è sintomo della grave crisi abitativa che dilaga in Europa. Non resta quindi che sperare in un rinnovamento del ruolo del pubblico nelle politiche abitative, tale da fornire risposte alle esigenze presenti e tutela ai diritti fondamentali della persona.

GIURISPRUDENZA

Cass. pen., sez. II, n. 29657/2019 e n. 40571/2013 (per la definizione di condotta di invasione)

Cass. pen., sez. II, n. 53005/2016 e n. 4771/2018(per la natura permanente del reato di invasione abusiva e l’arbitrarietà della condotta)

Cass. pen., sez. II, n. 35580/2007, n. 8724/2011, n.19147/2011 e Cass. pen., sez. VI, n. 28115/2012 (per il possibile riconoscimento dell’esimente dello stato di necessità, ex art. 54 c.p., nei casi di condotta di invasione messa in atto per soddisfare un bisogno abitativo, assimilabile a un danno grave alla persona)

Corte cost., sent. n. 207/2023, n. 139/2023, n. 211/2022, n. 278/2019, n. 141/2019 (per l’interpretazione del principio di offensività). 

Elena Lenzi

Elena Lenzi

Tirocinante Avvocato di strada Bologna