I. ha 28 anni, ma i suoi occhi dimostrano molto di più.
È arrivata nel nostro ufficio un pomeriggio di metà luglio, con un permesso di soggiorno per motivi umanitari scaduto a maggio 2020.
I. è nata in Marocco, ma si è trasferita in Italia insieme alla famiglia quando era bambina. La sua è stata un’infanzia dolorosa. La madre è venuta a mancare molto presto e il padre la malmenava. Rimasta sola giovanissima, per qualche tempo ha vissuto in un dormitorio, poi è finita per strada. I. è una persona estremamente fragile. Chi non lo sarebbe, al suo posto?
I. non poteva chiedere il rinnovo del permesso in suo possesso perché la protezione umanitaria era stata abolita con il primo Decreto Sicurezza; non poteva neppure chiedere la conversione in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro perché in quel momento era disoccupata. Sembrava una situazione disperata, l’ennesima testimonianza di quanto la legge sia distante dalla vita delle persone … poi, all’improvviso, una luce nel buio.
In quei mesi era in corso la famosa regolarizzazione dei migranti prevista dall’art. 103 del decreto legge n. 34/2020 (c.d. decreto rilancio). I. aveva tutti i requisiti per poter accedere alla procedura prevista dal comma 2: si trovava in Italia da prima dell’08/03/2020, il suo permesso era scaduto dopo il 31/10/2019 ed aveva lavorato in uno dei settori contemplati, precisamente come badante. Eppure, le difficoltà erano dietro l’angolo.
Ad esempio, il costo della procedura, di cui l’Associazione ha deciso di farsi carico. Ma, soprattutto, l’obbligo di presentare una dichiarazione di domicilio a dimostrazione che la persona avesse una casa o comunque un posto in cui vivere.
Peccato che I. sia una senzatetto.
Così è cominciata una corsa contro in tempo per riuscire a reperire una struttura che potesse ospitarla … e fortunatamente l’abbiamo trovata! I. è quindi riuscita ad ottenere il permesso temporaneo di sei mesi, decorrenti dal 13 agosto, il giorno in cui ha formalizzato la domanda. Se, entro sei mesi, non riuscirà a trovare un lavoro nei settori previsti dalla legge (agricoltura, colf o badante), perderà il diritto di soggiornare regolarmente in Italia.
A settembre I. è tornata a trovarci in ufficio. Era entusiasta quando ci ha annunciato di aver trovato lavoro in un bar.
Voi come lo spieghereste ad una persona che il lavoro che ha trovato non è il lavoro giusto? E non perché il salario è basso, il monte ore troppo elevato, il luogo di lavoro insalubre. No, il lavoro è sbagliato perché se sei straniero l’Italia ti vuole solo se lavori nel settore agricolo o domestico, ovvero in settori schizofrenicamente decisi dal legislatore per far fronte all’assenza, dovuta alla chiusura delle frontiere per l’emergenza da Covid-19, dei lavoratori stagionali che annualmente ricoprono quei ruoli.
Voi come l’avreste spiegato ad I.?
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