Anna la volontaria senior degli Avvocati di strada

Non si smette mai di lavorare. Questo detto di solito ha un’accezione negativa, derivante dal fatto che in molti percepiscono le ore di lavoro come un depressivo segno “meno” sul computo generale del proprio tempo libero. Per Anna, la volontaria che questo mese incontriamo, invece, non è così: vulcanica donna di settantotto anni che nella sua Bologna è unanimemente riconosciuta come “colonna portante dell’Associazione Avvocati di Strada”. Una donna, una “volontaria differentemente giovane” che incontriamo mentre sul fuoco fischia la moka del meritato caffè post-pranzo.

“Francesco, credimi, non ho proprio sentito lo stacco d’andare in pensione, sai… quel tipico periodo di disorientamento? No. Conoscendo mezzo mondo nel sociale bolognese ho trovato negli Avvocati di Strada la nuova sfida verso la quale lanciarmi”. Al mio stupore, la voce di Anna si fa più sicura, determinata nel rassicurarmi sulla non necessità di oziare sul divano quando si smette di lavorare: “…ho scelto di dedicarmi al volontariato perché era una sfida nuova nella mia vita, anche perché il resto, lo svago, la cultura, i viaggi, sono cose delle quali non mi sono mai privata, anche quando lavoravo!”.

Avanzando pian piano nell’intervista mi rendo conto che nella scelta di Anna c’è una reale, tangibile, netta evoluzione esistenziale, un’evoluzione che non è un mero ripetere una vita lavorativa all’infinito, ma piuttosto il voler mettere in gioco un importante know how applicandolo a nuove sfide. Anna ci confessa, infatti, “ho scelto questa associazione perché loro difendono i diritti degli ultimi e io pur in pensione non ho smesso di sentirmi operatrice del sociale e di guardare i bisogni degli ultimi. Allora ho pensato che potesse essere un’integrazione interessantissima il mettere insieme il Diritto e ciò che ho imparato in decenni di lavoro come assistente sociale. Quindi oggi svolgo un lavoro di filtro: accolgo chi si rivolge a noi, lo ascolto e, nel caso non potesse accedere al servizio, che è destinato solo a chi vive in strada, sono prontissima a orientarlo al meglio in altri servizi del territorio”.

Anna è convinta della sua scelta, io continuo invece a non convincermi e, mentre le tazzine tintinnano nel lavabo, mi chiedo cosa spinga una persona, dopo una vita di fatica, a rimanere a contatto comunque con la sofferenza umana invece di dedicarsi ad altro tipo di volontariato. “Lo so che questo tipo di attivismo tocca la sofferenza della persona. Potevo andare verso il volontariato culturale, potevo andare verso l’ambientale, ma ho speso tutta la mia vita lavorativa insieme a chi soffre… cosa posso dire? Uno ci nasce e ci muore. È la mia passione quella di aiutare i deboli… negli anni ho accumulato un tesoretto di competenze preziose, perché disperderle? Sarebbe un peccato…. poi non devo mica timbrare il cartellino alle 08:00!”.

La sua risata è realmente contagiosa e mi conferma ciò che comunque ci sentiamo di chiederle, cioè se il volontariato faccia o meno bene. “Fare volontariato non fa bene, fa benissimo! Pensa tu che ancora oggi vado ai convegni, alle conferenze, mi aggiorno, rappresento l’associazione ai tavoli della consulta contro l’esclusione sociale del Comune, nel Forum del Terzo Settore a livello regionale!”.

Ma quindi le domandiamo incuriositi se anche a settantotto anni il volontariato possa rappresentare un motore per l’apprendimento di nuove skills: “Sai cosa ti dico? Non si finisce mai di imparare! Quando lavoravo mi occupavo di fasce d’utenza precostituite, come minori, anziani, adulti, disabili e così via. Qui mi occupo di grave emarginazione e senza fissa dimora, un “taglio” che non conoscevo anche perché quando lavoravo era un fenomeno più ristretto. Questa nuova sfida mi è insomma di estremo interesse, mi è d’aiuto! Alla mia età sono ancora qui in pista! Ci sono e imparo sempre di più!”.

Il rapporto con le nuove generazioni di volontari non spaventa Anna. Ci confessa che proprio su quel delicato “tavolo di equilibri” si gioca la partita del dare il meglio di sé: “La marcia in più di un senior è la maturità e l’esperienza. Ovviamente noi dobbiamo imparare a stare con i giovani, cosa non scontata… alle volte ti confesso che mi do una botta sulla mano e mi rimprovero perché non sono stata capace d’essere meno invadente… insomma lasciare loro più spazio! Ce la metto tutta. Poi, oh, si sbaglia anche noi vè!”.

Mi accorgo che Anna, oltre a essere vulcanica, non si tira indietro di fronte a nessuna domanda scomoda e quindi cerco di prenderla in fallo proprio in chiusura. Le domando, in quanto donna così concreta e pragmatica, se a settantotto anni abbia ancora dei sogni nel cassetto: “Io sto dicendo alle amiche che, visto che sto andando verso gli 80, forse è il caso di smettere di sognare. Semplicemente mi guardo allo specchio e mi dico che mi devo dare una calmata perché faccio troppo casino! Però d’altra parte devo mantenere la testa e il cuore vivi, capaci di capire e leggere la realtà, devo continuare a essere attenta a tutte le persone. Questo è il mio desiderio, continuare a farlo!”.

Questa è Anna, instancabile (e sognatrice) volontaria senior.

FONTE
Osservatorio Senior