L’iscrizione nei registri della popolazione residente costituisce un diritto e un dovere di ogni cittadino italiano e straniero regolarmente soggiornante e la mancanza dei requisiti igienico sanitari non preclude, in linea di principio, la fissazione della residenza anagrafica nel luogo inidoneo. Lo ricorda, in una circolare del 14 gennaio, il Ministero dell’Interno, che sottolinea la necessità per i sindaci di tutta Italia di attenersi ad una linea univoca nell’interpretazione della norma sulla residenza anagrafica.
“La circolare – afferma Antonio Mumolo, presidente dell’Associazione nazionale Avvocato di strada – fa chiarezza sul famigerato pacchetto sicurezza firmato dall’allora Ministro dell’Interno Maroni. La legge 94 del 2009 stabiliva che la residenza anagrafica poteva essere concessa solo se in una casa sussistevano gli adeguati requisiti igienico sanitari. La norma era chiaramente rivolta agli stranieri, e serviva ad impedire che in una stessa casa prendessero la residenza troppe persone. Oltre a colpire gli stranieri, tuttavia, questa norma metteva in difficoltà anche tantissime famiglie italiane. Basta pensare alle famiglie numerose, che magari vivono in 5 o 6 in un appartamento. Se la casa non è molto grande la residenza poteva essere negata o tolta al capofamiglia, che così perdeva tutti i diritti civili, e di riflesso a tutti i suoi figli, che magari non potevano più andare a scuola”.
“La norma – prosegue Mumolo – era chiaramente discriminatoria perché negava quello che in Italia è, o per meglio dire dovrebbe essere, l’inalienabile diritto alla residenza anagrafica, senza la quale non si può votare, non si può ricevere una pensione, e non si possono ricevere cure sanitarie se non di pronto soccorso. Per questo, da quando la norma era stata varata, Avvocato di strada e tantissime altre associazioni che si occupano di immigrazione e di esclusione sociale avevano chiesto che venisse cancellata”.
“La circolare del Ministero cita il parere chiesto a riguardo al Consiglio di Stato, che tra le altre cose ha rilevato che la norma non è corretta perché “violerebbe il principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione, limitare i controlli agli stranieri ed agli extracomunitari”. A questo punto – conclude Mumolo – ci auguriamo che la norma non venga più interpretata in maniera restrittiva, e, sopratutto, che a nessun futuro Governo venga in mente di riproporre una norma in palese contrasto con le norme costituzionali, e che ufficializza la distinzione tra cittadini di serie A e serie B”.
ALLEGATI
> La circolare del Ministero dell’Interno (PDF)
> Il parere del Consiglio di Stato (PDF)
Commenti recenti