E’ capitato molto raramente che mi vengano fatti i complimenti per come espongo i miei concetti e per come trasmetta i miei pensieri. Sono fatto così: quando qualcosa mi prende particolarmente mi emoziono, vorrei dire tutto ma simultaneamente, così si accavallano nella mia testa parole, concetti, subordinate e congiuntivi. Insomma alla fine la persona che mi ascolta sta ascoltando una versione più incasinata del Grammelot…almeno non paga il biglietto!

Un po’ anche per questo motivo, mi piace partecipare a qualsiasi evento che dia consigli o suggerimenti sull’ars oratoria. O anche solo su come gestire le emozioni e le ansie.
Però mi piace scrivere e questo mi riesce meglio. Forse perché c’è più tempo per costruire e trascrivere su di un foglio bianco le mie idee e pensieri. Poter scegliere le parole con attenzione, eliminando quelle ridondanti e incastrando quelle più corrette come fossero tessere di un puzzle. Alla fine, quando guardo la creatura nata dall’inchiostro della mia penna, mi sembra anche di fare un lavoro discreto.

Quasi per ironia della sorte, o per eccessiva simpatia di chi mi conosce e condivide la scrivania con me, hanno mandato un mio testo scritto ad un’associazione di Bologna che ha organizzato un evento in cui si raccontano le esperienze di volontariato. Ovviamente io lo sono venuto a sapere a cose già avvenute…

Incuriosito, decido di partecipare all’incontro organizzato per quelli che racconteranno le loro esperienze. Il concetto è semplice: uno racconta e l’altro ascolta. Io sono in coppia con la Sig.ra L. e mi racconta una storia bellissima.

Mi racconta della malattia che ha colpito suo marito e come in seguito si sia ritrovata a svolgere un lunghissimo periodo di volontariato all’interno dell’associazione di chi ha subito lo stesso intervento. Parlando si emoziona e si scusa, io invece le dico che non c’è nulla di cui scusarsi perché le lacrime rendono una storia vera, viva.

Poi, dopo qualche battuta per stemperare la carica di emozioni, racconto la mia storia. Per la prima volta, racconto la mia storia con calma, senza impacci e senza balbettare. Tutto fila liscio. Mentre parlo mi stupisco di me stesso e continuo a parlare, parlare, parlare. La mia storia parla di H. e di come la malattia gli ha tolto tutto e buttato sulla strada. Alla fine lei, incuriosita, mi fa qualche domanda e mi ringrazia a sua volta per la testimonianza.

Come in tutti gli incontri del genere, l’ultimo momento è sempre dedicato alla condivisione e la domanda del moderatore riguarda le nostre opinioni su come si sono svolte le “letture”.
L. parte in quarta e dice davanti a tutti: “io volevo ringraziare Nicola perché con la sua testimonianza mi ha aperto gli occhi”. E io ho pensato: “Che?”, ma lei ha continuato a parlare e a raccontare come aver ascoltato la mia storia le abbia fatto vedere la malattia anche da un altro punto di vista.

Ci salutiamo con un forte abbraccio, come fossimo due amici che non si vedevano da tempo e ci diamo l’appuntamento per la domenica successiva, il giorno del “debutto”.

La domenica la rivedo che sta già “leggendo il suo libro” a due persone e noto gli stessi occhi lucidi della prima volta in cui la incontrai. Decido di non salutarla subito per non interrompere la lettura del suo splendido libro, e lascio che le sue parole entrino nel cuore di chi ha di fronte.

Nicola Errani

Volontario Servizio Civile Nazionale Avvocato di strada Onlus