L’incertezza sociale è tra i fattori principali dell’aggravamento della situazione di indigenza. Principalmente è generata da forme di lavoro atipico e flessibile, dalla disoccupazione giovanile e la condizione di vita degli anziani e delle famiglie mono-genitoriali.
Diversi studi hanno sottolineato che le persone più in difficoltà sotto il profilo socio-economico (per povertà educativa, lavorativa e assenza di reti di supporto) rischiano doppiamente di contrarre gravi malattie rispetto alle persone al vertice della scala sociale.
Concretamente questo significa che chi vive in condizioni di marginalità, infatti, è sensibilmente più esposto al cronicizzarsi di situazioni cliniche patologiche che, se non adeguatamente trattate, finiscono per indebolire l’organismo e le sue difese immunitarie, costituendo un aggravio sul sistema sanitario nazionale. Non deve sorprenderci, in altri casi, che siano proprio le cattive condizioni di salute, legate all’insorgenza di una malattia, a condurre la persona in un percorso di progressiva emarginazione che culmina con il diventare “senza dimora”.
Insomma, l’universalità del diritto alla salute è a rischio.
Iscrizione al SSN e prospettive future
Per gli italiani la residenza continua a costituire un requisito essenziale per l’iscrizione al SSN (ex art 19.3 l.833/1978).
Per gli stranieri, l’iscrizione al SSN incontra requisiti differenti a seconda che il richiedente sia cittadino di uno stato membro appartenente all’UE, oppure sia cittadino di uno stato terzo.
Il diritto alla salute per gli stranieri comunitari
Per gli stranieri appartenenti all’UE che godono di diritto di iscrizione al SSN (ai sensi dell’Accordo Stato-Regioni n 255/CSR del 2012) è necessario presentare autocertificazione di residenza o dichiarazione di effettiva dimora. Tuttavia, se non in possesso di Tessera Europea di Assicurazione Malattia, di diritto di soggiorno e dei requisiti per l’iscrizione al SSN (Bulgaria e Romania), possono solamente accedere alle prestazioni sanitarie urgenti o essenziali per malattia e infortunio, nonché ai programmi di medicina preventiva previo rilascio del tesserino ENI (Europeo non iscrivibile).
Il diritto alla salute per gli stranieri non comunitari
Per gli stranieri non appartenenti all’UE la situazione viene disciplinata differentemente a seconda che il beneficiario sia titolare di permesso di soggiorno o no.
Lo straniero regolare sul territorio italiano ha l’obbligo (o la facoltà – dipende dal tipo di permesso di soggiorno) di iscriversi al SSN previa presentazione della dichiarazione di residenza o di effettiva dimora.
Lo straniero irregolare sul territorio viene dotato di un tesserino STP con il quale poter accedere alle cure ambulatoriali urgenti o essenziali per malattia e infortunio, nonché ai programmi di medicina preventiva. Il codice STP può essere richiesto anche da extracomunitari o ENI se in stato di indigenza e previa sottoscrizione della “dichiarazione di indigenza”, la quale ha validità di 6 mesi.
Possiamo concludere che il diritto alla salute, seppur diritto fondamentale tutelato dalla nostra Costituzione e dalle fonti sovranazionali, incontra degli sbarramenti nella sua efficacia applicativa: la legge istitutiva del Sistema Sanitario Nazionale (legge n. 833 del 1978), infatti, prevede che l’utente, per accedere alle prestazioni, debba essere iscritto all’ASL del territorio in cui è residente. Implicitamente quindi, richiede l’attestazione di residenza.
Da ultimo, la residenza finisce per costituire un ostacolo e uno strumento di ulteriore esclusione nei confronti di categorie già socialmente vulnerabili.
La proposta di modifica della legge: per un diritto alla salute davvero universale
Proprio per superare questa gravissima lacuna legislativa, al momento in Parlamento è in discussione una proposta di modifica dell’art. 19 della legge 833/1978 volta a riconoscere, in armonia con la disposizione costituzionale, un diritto alla salute universale (a chiunque è presente sul territorio italiano).
Si tratterebbe di un intervento normativo dall’impatto considerevole in termini di risparmio sulla spesa pubblica poiché l’approccio sarebbe di tipo preventivo. Per poter effettivamente parlare di un accesso universale – anche delle persone senza fissa dimora – alla sanità pubblica si rendono necessarie, però, alcune azioni:
- formare gli attori a seconda del loro ruolo, tenendo sempre presenti il contesto di fragilità da cui gli utenti provengono
- sensibilizzare le persone senza dimora, informandole sui diritti di cui sono titolari in materia
- costruire una dialettica collaborativa e aperta al dialogo tra la sfera pubblica e gli enti del Terzo Settore, al fine di rendere gli interventi più efficienti
Gli esempi virtuosi nelle Regioni Italiane
Un approccio costruttivo e risolutivo – almeno in parte – del problema è stato adottato da alcune regioni italiane che, mediante legge regionale, si sono dotate di misure volte a garantire in prospettiva estensiva il riconoscimento del diritto alla salute.
Da apripista ha fatto la regione Emilia Romagna che, con la l. regionale 10/2021, ha garantito il medico di base alle persone sprovviste di residenza effettiva o fittizia sul territorio regionale. La scelta del medico di medicina generale vale per un anno e può essere rinnovata, a condizione che il beneficiario rimanga sul territorio.
Sul sistema informatico i senza fissa dimora appariranno come “domiciliati esterni a scadenza”. Per ottenere il certificato di iscrizione al Servizio Sanitario, la persona senza dimora devono rivolgersi all’anagrafe sanitaria con un modulo attestante la condizione di senzatetto rilasciato dai Servizi Sociali del Comune e un documento di identità o – in mancanza – il codice fiscale o l’estratto di nascita.
A unirsi al modello dell’Emilia Romagna abbiamo, poi, la regione Piemonte la quale ha siglato recentemente un Protocollo di intesa avente ad oggetto un piano integrato di sostegno alle persone senza dimora con la Prefettura di Torino, il Comune di Torino, la Città Metropolitana di Torino, l’Azienda Sanitaria Locale Città di Torino, le Arcidiocesi di Torino, le Circoscrizioni del Comune di Torino e la FIO.psd. Il Protocollo sorge dalla necessità di costruire un intervento di cooperazione tra la sfera pubblica e il Terzo settore per rafforzare la rete dei servizi socio-sanitari di modo da fornire una risposta sempre più completa e tempestiva ai problemi legati alla povertà. Per quanto riguarda l’assistenza sanitaria e l’accesso alla medicina di base, il Protocollo intende fornire linee di indirizzo alle Aziende Sanitarie Locali competenti nell’erogare le prestazioni sanitarie previste dai LEA (livelli essenziali di assistenza), incentivando l’iscrizione al SSN e la scelta del medico di medicina generale.
L’esperienza dell’INMP: la presa in carico delle persone senza dimora
Come reso noto dall’INMP, l’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti e per il contrasto delle malattie e della Povertà fondato nel 2007, l’accoglienza e la presa in carico di persone senza dimora spesso risulta difficile sia perché le persone non sono sempre chiare nell’esporre i propri sintomi, sia perché le stesse sono talvolta restie nel recarsi presso le strutture ambulatoriali ed ospedaliere. Per questi motivi il contrasto alle malattie della povertà richiede interventi complessi che si misurano in una linea di intervento unitaria, in progetti personalizzati, in continuità assistenziale e in una progettazione integrata delle risposte.
Gli italiani senza dimora con problemi di salute sono accolti dall’INMP senza impegnativa del SSN e visitati dagli specialisti. Si fornisce anche supporto sociale e orientamento ai servizi esterni (sociali, abitativi e scolastici). Per consentire la graduale autonomia dei pazienti, questi vengono poi indirizzati ai servizi territoriali per la richiesta di rilascio del documento di identità e l’eventuale residenza fittizia presso il Comune o presso Enti di volontariato così da ottenere, infine, l’iscrizione al SSN.
Gli stranieri senza dimora ricevono dall’INMP i tesserini ENI o STP con i quali è possibile accedere alle cure urgenti ed essenziali, anche se non danno accesso al medico di medicina generale per cui le strutture di riferimento rimarranno, per queste persone, gli ambulatori ad accesso diretto.
Passiamo ai dati: dal 2007 al 2014, l’INMP ha assistito, attraverso cure specialistiche, attività di supporto psicologico e mediazione culturale, oltre 76mila persone, per la maggior parte immigrati (91%), irregolari e maschi. La maggior parte di loro proveniva da paesi UE (42% di cui la metà rumeni), Africa (22%) e Asia (15%). La percentuale di italiani che si sono rivolti all’INMP è in costante crescita. La media degli accessi registrati per paziente è stata pari a 7,4 tanto per i pazienti italiani che per quelli stranieri. Chi vive in strada solitamente soffre di patologie respiratorie, malattie odontoiatriche, epatiti virali ed alcoliche, infezioni cutanee e disturbi psicologici e psichiatrici, aggravati dalla dipendenza da alcool.
Un modello di assistenza alternativa a Bologna
Un modello degno di nota è quello di cui si sono fatti promotori il Centro Beltrame- Sabatucci e il Centro Rostom di Bologna.
Entrambi hanno positivamente accolto e avviato un progetto di cure continuative volto agli ospiti delle strutture di accoglienza del Servizio di Contrasto alla Grave emarginazione adulta di ASP Città di Bologna. L’idea è di inserire nel Centro di Accoglienza in cui le persone vengono ospitate, dei professionisti sociosanitari che possano prendersi cura dei loro bisogni in un modo del tutto simile all’Assistenza Domiciliare.
Il monitoraggio di questo progetto ha restituito un risultato importante: progressivamente gli ospiti della struttura hanno familiarizzato con le figure professionali quotidianamente presenti in struttura. Inoltre, è stato immediatamente notata la riduzione della conflittualità che era presente tra gli ospiti, dovuta a motivi legati all’igiene, alla cura di sé e dei propri spazi.
Adottare questo approccio ha permesso e permette di risparmiare notevoli risorse pubbliche: infatti, un giorno in dimissione protetta è un giorno in meno in ospedale (costo medio giornaliero in hospital: 300 euro).
Se sei interessato a saperne di più partecipa al Festival Homeless More Rights, il 17 ottobre, a Bologna e online!
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