Una quarantina di persone – perlopiù i profughi pakistani di cui si è occupata anche la stampa nelle scorse settimane, vedi articoli correlati – ha partecipato nei suggestivi locali della biblioteca Classense di Ravenna al primo di una serie di incontri sull’arte rivolti ai senza dimora. Si tratta di un’iniziativa promossa da Avvocato di strada e di un progetto di Marina Mannucci, dal titolo “Segni, tracce, simboli – Ripartiamo dall’arte per comunicare e per convivere”. E così una quarantina di senzatetto in questo primo incontro hanno iniziato a prendere appunti e anche a disegnare.
«Il linguaggio universale dell’arte – si legge nella descrizione del progetto – avvicina al senso di una comune appartenenza umana, offrendo anche la possibilità d’interpretare i suoi contenuti e le sue forme in base alle singole specificità personali e culturali. L’arte è un’opportunità affinché a chiunque – autoctono o straniero, giovane o adulto – sia permesso di migliorare la qualità della propria vita, attraverso la ricerca continua, libera e responsabile del vero, del bene e del bello, nonché scoprire un codice comune di comunicazione e di dialogo interpersonale. L’arte facilita la formazione armonica della persona umana, nell’ottica di una “educazione permanente”, condizione necessaria per la crescita culturale, civile e libera di donne e uomini».
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