Importante sentenza ottenuta dai nostri volontari di Avvocato di strada Torino. Il richiedente protezione internazionale è, a tutti gli effetti, soggetto regolarmente soggiornante sul territorio nazionale. Pertanto è un suo diritto ottenere l’iscrizione anagrafica presso la Casa Comunale. Noi lo diciamo da anni, ora lo ha ribadito il Tribunale di Torino dando ragione a un nostro assistito. Per noi è una grande soddisfazione, una vittoria importante. La strada da fare per l’affermazione dei diritti di tutti è ancora lunga, ma per fortuna, siamo in tanti a percorrerla. 

LA VICENDA

Il richiedente, cittadino Gambiano di 35 anni affetto da plurime patologie respiratore che gli hanno causato una seria invalidità civile, ha presentato domanda (prima reiterata) di protezione internazionale nel 2018 ed ha ottenuto dalla Questura di Torino, nel corso di quell’anno, il permesso di soggiorno per richiedente asilo.

Essendo ospitato in pianta stabile presso una struttura di accoglienza, in quanto inabile al lavoro a causa delle sue patologie, ha richiesto al Comune di Torino l’iscrizione anagrafica ma essa gli è stata rifiutata più volte, sia verbalmente che mediante comunicazione scritta al proprio legale, dalla Pubblica Amministrazione, sul presupposto che l’art. 13 del D.L. 113/18, prevedendo che il permesso di soggiorno per richiesta silo non costituisce titolo per l’iscrizione anagrafica, avrebbe posto un generalizzato divieto di iscrizione dello straniero all’anagrafe.

La difesa del richiedente adiva il Tribunale di Torino asserendo, in sintesi, che, premessa la natura di diritto soggettivo della pretesa vantata dallo stesso, la normativa in tema di iscrizione anagrafica non prevede alcun titolo per provvedere alla stessa, ma, anzi, ai sensi dell’art. 17 D.P.R. 223/89 – trattandosi come detto di attività vincolata in quanto attinente all’esercizio di un diritto soggettivo del singolo – «L’ufficiale di anagrafe deve effettuare le registrazioni nell’anagrafe entro due giorni lavorativi dalla data di ricezione delle comunicazioni dello stato civile o dalle dichiarazioni rese dagli interessati (…)»; e, correlativamente, l’art. 2, co. 1, L. 1228/54 prevede l’obbligo, in capo a chiunque, «di chiedere (…) la iscrizione nell’anagrafe del Comune di dimora abituale».

Faceva presente, inoltre, che l’art. 6, co. 7, D.lgs. 286/98 prevede come «Le iscrizioni e variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono effettuate alle medesime condizioni dei cittadini italiani con le modalità previste dal regolamento di attuazione»; e il richiedente protezione internazionale è soggetto a tutti gli effetti regolarmente soggiornante sul T.N., almeno sino alla definizione della relativa istanza d’asilo.

Il Tribunale condivideva in toto le argomentazioni sopra svolte, prendendo posizione nel senso che il richiedente asilo continua ad aver diritto all’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente, poiché l’art. 13 del d.l. 113 del 2018 ha soltanto abrogato la norma  (art. 5 bis D.lgs. 142/15) che consentiva l’iscrizione sulla base della semplice dichiarazione del responsabile del centro di accoglienza, con conseguente esonero degli accertamenti successivi da parte della Polizia Municipale.

In merito all’urgenza di provvedere sottesa alle misure cautelari richieste, il Tribunale si esprimeva affermando come, se è vero che l’iscrizione anagrafica non comporta di per sé la fruizione di specifiche prestazioni, non vi è dubbio che da essa derivi, concretamente, la possibilità di esercitare una serie di diritti (quali, a titolo d’esempio, l’iscrizione scolastica, la gestione di un contratto di lavoro, l’apertura di un conto corrente bancario) di rilievo costituzionale.