Il Decreto Legge n. 4 del 2019 introduce l’ormai noto reddito di cittadinanza, che ammonterà a 780 Euro mensili. Di questi, 280 saranno versati a titolo di contributo per l’affitto a chi potrà dimostrare di essere titolare di un contratto di locazione.

Le poche persone senza dimora che, come vedremo, riusciranno ad avere i requisiti per accedere al beneficio, non potranno comunque ricevere i 280 euro, perché vivono in strada o nei dormitori e dunque non sono locatari di immobili.

Rimangono 500 Euro.

Lo stesso Decreto Legge stabilisce che, per ottenere questo beneficio, è necessario essere stati residenti in Italia per un minimo di 10 anni, di cui consecutivamente almeno gli ultimi due che precedono la presentazione della domanda.

Sono quindi escluse tutte quelle persone, e sono tante, che sono diventate povere, sono finite in strada ed hanno perso la residenza ovvero sono state cancellate dalle anagrafi dei comuni in cui prima risiedevano.

Allo stesso modo vengono escluse tutte quelle persone che, avendo chiesto la residenza in una via fittizia, istituita da alcuni comuni proprio per dare la residenza alle persone senza dimora, l’hanno ottenuta ma non hanno ancora maturato i due anni consecutivi di iscrizione anagrafica.

Bisognerà poi mantenere la residenza per tutto il periodo in cui si percepisce il reddito di cittadinanza.

Sono perciò escluse tutte quelle persone che, pur ottenendo il beneficio perché povere, perdono la residenza mentre stanno percependo il reddito di cittadinanza, con l’ulteriore paradosso di perdere questo contributo proprio quando ne hanno più bisogno.

Ecco allora perché molte persone senza dimora, le più povere e le più deboli, non potranno avere accesso a questa misura.

Non sembra questo lo scopo della legge. Non sarebbe il caso di cambiarla rivedendo questi requisiti?

Speriamo che il governo lo faccia, sempre che si comprenda che la realtà è più complicata di slogan o proclami.

Antonio Mumolo
Presidente Associazione Avvocato di strada Onlus

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