La residenza in immobili occupati sembra diventata realtà a Roma.

È di qualche giorno fa la direttiva n. 1/2022 del Sindaco di Roma che, seguendo i principi generali stabiliti dalla normativa vigente e dalla più recente giurisprudenza, ha sancito le condizioni per l’iscrizione anagrafica per le persone che vivono all’interno di immobili occupati. Un intervento che costituisce un altro passo avanti verso il riconoscimento di un diritto ingiustamente e a lungo negato.

Il tema della residenza per coloro che abitano case occupate è stato ampliamente dibattuto negli ultimi anni: cerchiamo di ripercorrere le tappe principali di questo percorso. 

Un diritto negato

Nel 2014 una norma nazionale aveva impedito la possibilità di ottenere la residenza a chi occupava abusivamente un’abitazione. Tale intervento normativo comportava pesanti conseguenze per migliaia di persone e famiglie in stato di povertà, per le quali risultava sensibilmente limitata la possibilità di esercitare i propri diritti sociali, civili e politici garantiti dalla Costituzione (per approfondire il rapporto tra residenza e accesso ai diritti guarda il rapporto “Senza tetto non senza diritti” che trovi qui).

Chi si trovava costretto a vivere in case occupate poteva quindi unicamente chiedere l’iscrizione anagrafica come persona senza dimora, attraverso una procedura complessa per il richiedente e onerosa per l’amministrazione, che non sempre andava a buon fine. 

La mobilitazione di associazioni e attivisti contro tale intervento è stata fin da subito forte e trasversale, ma ci è voluto del tempo prima di poter assistere ad un’inversione di rotta. 

Le prime aperture… rimangono sulla carta

Nel febbraio del 2017 si apriva uno spiraglio per la possibilità di ottenere la residenza in case occupate. Veniva introdotta, infatti, la possibilità da parte dei sindaci, “in presenza di persone minorenni o meritevoli di tutela” di prevedere una deroga rispetto al divieto di residenza per gli occupanti. Tale indicazione tuttavia rimaneva sulla carta, senza trovare accoglimento in alcuna amministrazione locale.

Firenze: qualcosa si muove davvero

Per vedere un primo segnale concreto verso l’effettivo diritto all’iscrizione anagrafica bisogna aspettare il giugno 2022, con la sentenza della Corte d’Appello di Firenze. Questa importante sentenza ha riconosciuto il diritto alla residenza anagrafica di una donna e sua figlia – assistite dai nostri avv. Antonio Mumolo e avv. Paola Pizzi – le quali vivevano in un immobile occupato, (ne abbiamo parlato qui). 

Roma: la prima direttiva-deroga 

Veniamo ad oggi.

Dopo un incessante lavoro di dialogo tra l’amministrazione comunale di Roma e la rete di associazioni e attivisti, tra cui Avvocato di strada, un’importante conquista: viene approvata la direttiva n. 1/2022 del sindaco di Roma. 

Riprendendo i principi generali in tema di diritto alla residenza e accesso ai diritti fondamentali da parte di tutti coloro che dimorano sul territorio, questo provvedimento esplicita finalmente i casi in cui è consentita l’iscrizione anagrafica per chi occupa un immobile. 

Da questo momento in poi, dunque, persone seguite dagli assistenti sociali, nuclei familiari con basso reddito, richiedenti asilo, titolari di protezione internazionale e coloro che si trovano in condizioni di precarietà abitativa sotto il profilo delle condizioni igienico-sanitarie potranno, a Roma, ottenere la residenza nel luogo in cui effettivamente vivono.

Le prossime sfide sulla residenza

Importanti sfide si aprono da questo momento in avanti: da un lato, l’attività di monitoraggio dell’effettiva applicazione del contenuto di questa direttiva; dall’altro lato, la spinta verso l’adozione di provvedimenti analoghi da parte di molte altre amministrazioni comunali. 

L’emanazione della direttiva n. 1/2022 è una buona notizia non solo per chi è ai margini dei diritti. Per la città nel suo complesso è un segnale molto incoraggiante: l’esercizio diffuso dei diritti è una precondizione indispensabile per la costruzione di una città più giusta, solidale, eguale.